venerdì 14 giugno 2024

Sul cielo di tutti i fronti: ottobre 1915 - marzo 1916

Cefalunews, 11 agosto 2016

L’arma aeronautica, durante le prime fasi della Grande Guerra, dimostrandosi promettente nella risoluzione dei problemi di natura tattico-strategica, entrava in modo preponderante nell’ottica dei piani di guerra. 

In realtà gli Stati belligeranti finanziarono alacremente le proprie industrie aeronautiche, e la produzione ebbe ritmi frenetici. Con un maggior numero di velivoli da combattimento realizzati, i cieli d’Europa divennero di conseguenza dei veri e propri “campi di battaglia”. 

Chiaramente, furono realizzati aeroplani sempre più veloci, ciò nonostante, rimaneva ancora in auge il vecchio e glorioso dirigibile. Tuttavia, al di la del ruolo intrinseco dell’aeroplano, mediante la sua duplice funzione risolutiva: sia nelle operazioni offensive che difensive, il velivolo, assumeva per la prima volta e solamente in Italia, anche un ruolo del tutto nuovo, un vero e proprio strumento di propaganda. 

Memorabile fu, infatti, l’audace sorvolo di Trieste a fini patriottici compiuto il 7 agosto 1915. L’idrovolante era pilotato, dal tenente di vascello Giuseppe Miraglia. All’azione partecipò attivamente anche l’allora tenente dei Lancieri di Novara, Gabriele D’Annunzio. In quell’occasione furono lanciati sulla città austriaca, bombe e centinaia di volantini propagandistici (1)

Per tutto il 1915, la tecnologia aeronautica, soprattutto inglese, andrà avanti in un crescendo d’innovazioni ingegneristiche, tanto da debellare il “flagello Fokker”. Ma l’evento che contrassegnerà il modus operandi in campo bellico dell’anno successivo, sarà l’impiego in massa non soltanto degli aerei da caccia ma anche dall’utilizzo dei velivoli “da bombardamento lontano”, questi ultimi dotati di grande autonomia e capaci di raggiungere e colpire obiettivi specifici, situati oltre la linea del fronte. 

Abbiamo chiesto all’ingegner Francesco Fortunato (2) di parlarci di quanto avvenne, nel fatidico periodo compreso tra l’ottobre 1915 e il marzo 1916.

«Tramontati definitivamente i sogni dell’attacco risolutivo, i popoli e gli eserciti si persuasero di dover affrontare una guerra lunga, di “logoramento”, secondo la logica delle “battaglie di materiali”. La vittoria finale avrebbe arriso a chi si fosse rivelato più tenace e fosse stato in grado di gettare nello scontro la maggiore quantità di risorse. La nascente arma aeronautica non era, chiaramente, estranea a questa logica. 

Nei mesi che stiamo esaminando, le battaglie aeree divennero più intense e estese e si intraprese un ampio finanziamento dell’industria. Sul fronte occidentale continuò inizialmente la superiorità tecnologica tedesca, dovuta all’introduzione del Fokker E, ovvero il primo vero caccia della storia. 

Era un monoplano con telaio metallico e rivestimento in tela, il primo a essere dotato del meccanismo di sincronizzazione che consentiva a una mitragliatrice di sparare in avanti senza colpire le pale dell’elica. 

In quel momento inglesi e francesi non disponevano di mezzi in grado di contrastarlo. In particolare i ricognitori inglesi di tipo B.E.2c erano lenti e poco maneggevoli, e quindi facile preda degli attacchi tedeschi. Anche se il modello E fu distribuito solo in piccoli numeri ai reparti, riuscì a infliggere perdite notevoli agli anglo-francesi e a impedire quasi del tutto le ricognizioni, all’inizio della battaglia di Verdun del febbraio 1916. 

Le ripercussioni furono pesanti anche sul morale e sull’opinione pubblica inglese e francese. Nuovi modelli specializzati nella caccia entrarono in servizio all’inizio del 1916, riconducendo il confronto tecnologico su un livello di maggiore parità. Si trattava dell’Airco DH.2, da parte inglese, e del Nieuport Ni. 11 da quella francese. 

Entrambi biplani, il primo era dotato di elica spingente e poteva pertanto montare una mitragliatrice anteriore senza bisogno della sincronizzazione. Il secondo aveva l’elica anteriore, ma la mitragliatrice era montata in alto, sopra l’ala superiore, in modo da non interferire con l’elica. 

Il biplano francese era una versione più piccola e semplificata del precedente Ni. 10 biposto, ed era un “sesquiplano”, ovvero un biplano con l’ala inferiore molto più piccola della superiore. 

Si dimostrò molto agile ed efficiente e fu ampiamente impiegato anche dagli italiani, sia con esemplari importati, sia prodotto su licenza dalla Macchi. 

Era noto anche con il soprannome di “bebè”, dovuto alle sue piccole dimensioni: non arrivava infatti nemmeno a otto metri di apertura alare. Questi tre modelli (Fokker, Airco e Nieuport) iniziarono la grande famiglia degli aeroplani da caccia specializzati. Non a caso furono istituiti i primi reparti da caccia specializzati, scorporandoli da quelli da ricognizione. 

A gennaio 1916 i comandi del Royal Flight Corps ordinarono che ogni ricognitore fosse scortato da almeno tre caccia. Già nel marzo 1916 cominciarono ad affluire ai reparti i primi Nieuport Ni.17, evoluzione ingrandita e potenziata del Ni. 11 e finalmente dotata anch’essa di meccanismo di sincronizzazione, che gli consentiva di montare le armi nel muso e non sopra l’ala. 

Finalmente il “flagello Fokker” poteva dirsi concluso. Oltre al consueto impiego di ricognizione, in particolare per identificare bersagli per l’artiglieria e regolarne il tiro, l’aeroplano vide un più intenso impiego offensivo, soprattutto nella forma di supporto alle truppe di terra: “mitragliare le trincee” divenne una missione consueta. 

Nella stessa ottica, nella battaglia di Loos del settembre-ottobre 1915 furono eseguite le prime azioni di bombardamento tattico nelle immediate vicinanze del fronte. In ottobre, dopo una pausa di cinque settimane, gli Zeppelin ripresero le loro azioni contro Londra. Altri attacchi seguirono a gennaio. 

Continuarono a sopportare gravi perdite, sia a causa delle difese inglesi, sia di guasti e malfunzionamenti, in particolare dei motori. E’ il caso dello Zeppelin L.19, finito nel mare del Nord dopo un tentativo infruttuoso di bombardare Liverpool. 

Il relitto, ancora a galla, fu individuato due giorni dopo da un’unità navale inglese, che tuttavia rifiutò di accogliere i naufraghi, lasciandoli al loro destino. Per far fronte al pericolo costituito dai dirigibili tedeschi, il Royal Flying Corps si impegnò a sviluppare le tecniche del volo notturno. 

I primi tentativi si conclusero con numerosi incidenti, anche mortali, ma nell’arco di pochi mesi i britannici furono in grado di operare velivoli da caccia di notte con buon margine di sicurezza. Ad ottobre 1915 la Bulgaria entrò in guerra, dalla parte degli imperi centrali. Schierò subito una nave porta-idrovolanti. 

A dicembre 1915 volò lo Junkers J 1, il primo aeroplano della storia, di uso pratico, che fosse interamente realizzato in metallo, compreso il rivestimento esterno di ali e fusoliera. Era opera di Hugo Junkers, ingegnere e pioniere dell’aeronautica. 

Era un monoplano che, a differenza dei suoi contemporanei, non aveva bisogno di cavi e montanti per sorreggere l’ala. I tempi non erano però maturi e il progetto, probabilmente a causa del peso maggiore rispetto ai modelli concorrenti, non ebbe seguito. Cominciò la saga degli assi dell’aria: a gennaio Max Immelmann e Oswald Boelcke ricevettero il “Pour Le Merit”, la più alta onorificenza tedesca, per aver entrambi raggiunto otto vittorie aeree. 

Sul fronte italiano, risultò fallimentare l’esperienza del Macchi Parasol, monoplano ispirato al Nieuport e destinato alla ricognizione, che si rivelò insoddisfacente in termini di prestazioni e fu sostituito dal biplano Caudron G.3. e dai Farman già ampiamente impiegati. 

Anche in Italia si optò per il Nieuport 11 per la formazione delle prime squadriglie da caccia. Le ricognizioni dimostrarono anche che le voci di impiego di dirigibili Zeppelin da parte degli austro-ungarici erano false e infondate. Si stimolò lo sviluppo dell’industria nazionale, che tuttavia rispose più lentamente del previsto. Soprattutto, esistevano pochi modelli di progettazione nazionale: a parte i bombardieri Caproni, i reparti erano in gran parte dotati di modelli d’importazione o costruiti su licenza. 

La guerra di trincea rendeva fondamentale la sorveglianza del territorio, ricorrendo anche alla fotografia aerea per registrare i dispositivi di difesa e i movimenti nemici. Migliorava anche l’efficienza dei reparti da osservazione per l’artiglieria, che furono dotati di sistemi telegrafici di bordo. 

I messaggi erano raccolti da una rete di stazioni riceventi a terra che le rimandavano immediatamente, via telefono, ai comandi e reparti d’artiglieria. La complessità del sistema, le avversità atmosferiche e anche le incomprensioni tra i reparti riducevano spesso l’efficienza delle ricognizioni. 

Era anche normale tentare di ostacolare le comunicazioni nemiche, inviando forti segnali telegrafici sulle stesse frequenze, quando queste erano individuate. Si era, in pratica, agli albori della guerra elettronica. 

Furono istituite le prime squadriglie da bombardamento pesante, su trimotori Caproni, che furono concentrate sul fronte dell’Isonzo, perno delle offensive italiane. Gli obiettivi principali erano i campi d’aviazione, le ferrovie e le altre linee di comunicazione del nemico, nel tentativo di ostacolare la ricognizione e l’afflusso di rifornimenti al fronte. 

E’ significativo che i Caproni erano al servizio diretto del Comando Supremo: si comprendeva infatti il valore strategico dei grandi bombardieri, anche per la ricognizione a lungo raggio. Ottobre vide una proiezione più in avanti delle azioni di bombardamento, verso depositi e accantonamenti nemici. Il cattivo tempo di novembre limitò invece i voli da entrambe le parti del fronte. Il 14, però, Verona fu attaccata da una formazione austriaca, che causò 37 morti. Altri 5 furono uccisi in un attacco a Brescia il giorno dopo. 

Altri attacchi contro le città avvennero nelle settimane successive. I bombardamenti di obiettivi civili suscitarono grande indignazione e gli italiani replicarono attaccando Gorizia il giorno 18 di novembre. C’era tuttavia una certa resistenza italiana a prendere di mira obiettivi civili, dal momento che le aree raggiungibili dai bombardieri erano in gran parte considerate “irredente” e abitate da italiani. 

Da febbraio, anche i piloti italiani dovettero subire l’efficacia dei caccia Fokker, di cui i reparti austro-ungarici cominciarono a essere dotati. Il 18 febbraio 1916 una formazione di sei Caproni italiani attaccò Lubiana e uno di essi, battezzato “Aquila Romana”, rimase isolato dagli altri e fu fatto segno degli attacchi dei Fokker austriaci. 

Il pilota Oreste Salomone, che si era già distinto nella guerra di Libia, fu gravemente ferito alla testa e il resto dell’equipaggio: il capitano pilota Luigi Bailo e l’osservatore tenente colonnello Alfredo Barbieri, rimasero uccisi nelle prime fasi del combattimento. Il Salomone, tuttavia, rifiutò di arrendersi e, pur inseguito dai caccia austriaci, riuscì a ricondurre il bombardiere, con a bordo i corpi dei sui compagni, sul territorio italiano. 

Per quest’azione, Oreste Salomone fu insignito della Medaglia d’Oro al valore militare, primo aviatore italiano a ottenere questa onorificenza. Oreste Salomone perì in un’altra missione di guerra due anni dopo, nel febbraio 1918, schiantandosi al rientro di una missione notturna. Quella stessa mattina del 18 febbraio un altro Caproni fu attaccato dai Fokker austriaci. Si trattava dell’esemplare pilotato dai capitani Tullio Visconti e Gaetano Turilli. 

L’aereo si era trovato isolato a causa di un guasto al motore centrale e stava tentando di recuperare le linee italiane. Visconti fu ferito a morte. Turilli riuscì a compiere un atterraggio d’emergenza in territorio austriaco e fu fatto prigioniero. 

Si trattava del primo Caproni abbattuto in combattimento. Giulio Dohuet, militare e pensatore originario di Caserta, approfondì in questo periodo le sue teorie sull’impiego del bombardamento aereo d’alta quota, proponendo un pesante investimento sull’aviazione come mezzo per rompere lo stallo della guerra di trincea. 

Le sue teorie, proposte con passione e senza evitare toni polemici, gli procurarono fama ma anche molti nemici e influenzarono lo sviluppo dell’aviazione per molti anni, dopo la fine del conflitto».

Note:

(1) «Coraggio fratelli! Coraggio e costanza! Per liberarvi più presto, combattiamo senza respiro. Nel Trentino, nel Cadore, nella Carnia, su l’Isonzo, conquistiamo terreno ogni giorno. Non v’è sforzo del nemico che non sia rotto dal valore dei nostri. Non v’è menzogna impudente che non sia sgonfiata dalle nostre baionette. Abbiamo già fatto ventimila prigionieri. In breve tutto il Carso sarà espugnato. Io ve lo dico, io ve lo giuro, fratelli: la nostra vittoria è certa. La bandiera d'Italia sarà piantata sul grande Arsenale e sul Colle di San Giusto. Coraggio e costanza! La fine del vostro martirio è prossima. L’alba della nostra allegrezza è imminente. Dall’alto di queste ali italiane che conduce il prode Miraglia, a voi getto per pegno questo messaggio e il mio cuore. Io Gabriele D’Annunzio. Nel cielo della Patria, 7 agosto 1915. » (Il messaggio lanciato da Gabriele D’Annunzio, da Wikipedia)

(2) Francesco Fortunato, è nato a Napoli nel 1971. Ingegnere Aeronautico lavora dal 1999 alle dipendenze di una grande impresa in qualità di specialista nel calcolo numerico. Impegnato nel volontariato, è appassionato di musica, tecnologia e storia, in particolare storia dell’aeronautica. Ha aperto e gestisce il blog “Fremmauno”, un sito di “storia aeronautica meridionale”. Collabora con l’Università Federico II di Napoli (Facoltà di Ingegneria) e altri studiosi di aviazione. Scrive articoli e organizza conferenze. Raccoglie le sue riflessioni sul blog “Saldimentali” e ama autodefinirsi un “tecnico prestato alla letteratura”. (http://www.fremmauno.com) (http://saldimentali.wordpress.com/il-mediatore/).

Foto di copertina: Ricognitore Farman.

Foto a corredo dell’articolo:

Nieuport Ni 11 Bebè 1916.

Coccarda Royal Air Force, da Wikipedia.

Junkers J 1 a Döberitz in Germania nel tardo 1915, da Wikipedia.

Il Ca.33 con installato un cannoncino da 20 mm, da Wikipedia.

Tavole prospettiche del Fokker E.III. Da Wikipedia.

Giuseppe Longo

https://cefalunews.org/

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