martedì 18 giugno 2024

Grande Guerra: un dirigibile anche a Palermo

Cefalunews, 27 febbraio 2015 

In Italia i dirigibili, in particolar modo quelli di piccola cubatura, furono impiegati nella Grande Guerra dapprima nella perlustrazione delle coste. Questi aerostati, durante le loro missioni di ricognizione si dimostrarono validi osservatori, cioè capaci di individuare nelle loro aree competenza: il Mare Ionio, Tirreno e l’Adriatico, oltre ai minamenti dei tratti di mare, anche i sottomarini avversari. 

Viceversa, i dirigibili utilizzati nelle missioni di guerra (e che avremo modo di trattare prossimamente in un altro articolo) a causa dell’installazione di valide difese aeree, compresi anche i velivoli, provvisti di proiettili incendiari, divennero vulnerabile e progressivamente obsoleti. 

A soppiantare questo “sigaro volante” fu lo sviluppo tecnico dell’aeroplano, capace di una migliore prestazione combattiva e dotato di un’elevata velocità.

Abbiamo rivolto all’ingegnere aeronautico Francesco Fortunato le seguenti domande: quali furono le zone operative dei dirigibili italiani, dove furono dislocate le loro basi e quali esemplari furono impiegati, soprattutto in terra di Sicilia.

«Nel corso della Grande Guerra i sottomarini e le mine marittime tedesche divennero una costante minaccia per i collegamenti navali. 

Le nuove tecnologie militari facevano sì che nessun collegamento marittimo poteva considerarsi al sicuro, nemmeno a centinaia di miglia dal fronte. Un valido strumento di contrasto fu individuato nei dirigibili di piccola cubatura, che erano in grado di rimanere in aria per molte ore e perlustrare molte miglia di mare. Questo tipo d’impiego fu presto adottato dai vari stati belligeranti. 

In Italia, per via delle estese coste, era fondamentale realizzare una rete di perlustrazione, che fu progressivamente ampliata: si concentrava inizialmente sull’Adriatico, particolarmente critico per il confronto diretto con l’Impero Austro-Ungarico, e sullo Ionio con basi a S. Vito di Taranto, Brindisi, Jesi e, successivamente, Grottaglie e Pontedera. Successivamente fu intensificata e ampliata con hangar a Ciampino, Jesi, Bagnoli, Piombino e, in ultimo, Palermo. 

Basilio Di Martino, nel suo dettagliato studio: “L’Aviazione Italiana nella Grande Guerra”, ci informa che: “L’ultimo gruppo dirigibili, il 3°, poté schierare solo l’SS10B, che dal 7 luglio [1918 NDR] operò da Palermo a copertura della zona nord della Sicilia”. 

L’estensione della rete di sorveglianza a Palermo era stata rallentata dai tempi necessari a realizzare le strutture di supporto, così come era avvenuto per le altre basi tirreniche. Tuttavia le realizzazioni, nella zona della Favorita (dove attualmente sorge la pista dell’ippodromo), furono considerevoli, con hangar, impianti di supporto per l’idrogeno e le altre esigenze di rifornimento e alloggi per i militari addetti a gestire il mezzo, sicuramente pensate in vista di una crescita futura nel caso che la guerra fosse proseguita. 

Il tipo SS: “Submarine Scout” o “Sea Scout”, era un dirigibile di tipo floscio e di piccola cubatura, progettato in Gran Bretagna con il criterio della massima semplicità. 

Era costruito dalla Royal Aircraft Factory di Farnborough cui si affiancò successivamente la Vickers. Circa 60 esemplari furono realizzati nel corso della guerra, impiegati in primo luogo dal Regno Unito, ma anche da Francia e Stati Uniti, oltre che dall’Italia. 

Da noi, affiancava i tipi E “Esploratore”, DE “Dirigibile Esploratore”, O “Osservatore”, PV “Piccolo Veloce”, di produzione nazionale, ed esemplari di maggiori dimensioni che, per anzianità, erano stati trasferiti dal servizio di bombardamento in prima linea a quello di pattugliamento marittimo. 

Fallì invece, a causa di incidenti mortali, il tentativo di impiegare il tipo U, dal nome del progettista Celestino Usuelli e che proponeva un’architettura intermedia fra il tipo floscio e il semi-rigido.In particolare, l’SS10B destinato alla base palermitana risulta essere stato prodotto con ordine del 2/6/1916 e trasferito in Italia il 2/6/1917. Era della versione B.E.2c, quella maggiormente realizzata nel corso della guerra, in cui la gondola era realizzata con la fusoliera di un ricognitore biplano B.E.2c., privata delle ali, di rivestimenti e finiture, e dotata di due pattini in frassino, per l’atterraggio, al posto del carrello a ruote. 

Questa realizzazione nasceva dallo sforzo di semplificare il progetto e ridurre al minimo le parti specifiche e comportava che l’elica fosse in posizione trattiva, nella parte anteriore della gondola, come sulla maggior parte degli aeroplani e al contrario di quanto avviene di solito nei dirigibili. Il motore era un Renault di circa 75 CV, collegato a un’elica quadripala di 2,7 metri di diametro, non particolarmente potente ma affidabile secondo gli standard dell’epoca. 

L’involucro aveva un volume di 1700 metri cubi ed era lungo 13,2 metri circa. Nella parte posteriore erano collegate tre o, più di frequente, quattro alette stabilizzatrici. Il dirigibile era capace di una velocità massima di 80 Km/h e di rimanere in aria, con il motore a mezza potenza, fino a 14-16 ore che, nello specifico, gli consentivano di perlustrare le coste Nord della Sicilia, verso Est e verso Ovest. L’equipaggio era di tre persone. 

Il tipo SS si rivelò solido ed efficiente, limitato soltanto dalla ridotta capacità di carico. L’addestramento degli equipaggi avveniva a Ciampino. Le direttive d’impiego prevedevano di esplorare le zone di costa attorno ai porti, soprattutto nelle prime ore del mattino e la sera, in cui il traffico navale era maggiore, e poi di sorvegliare le rotte di sicurezza. 

Più di rado i dirigibili precedevano i convogli lungo la rotta, accostando periodicamente verso le navi. Portavano a bordo una stazione radiotelegrafica e strumenti di segnalazione ottica, per comunicare immediatamente i rilievi, nonché alcune bombe di profondità anti-sommergibile. Mancano dettagli sulle missioni siciliane, tranne i racconti dei frequenti sorvoli del dirigibile lungo le coste, fino a Cefalù e oltre. Si sa che erano spesso lunghe, monotone e rischiose. 

La routine era interrotta dalla scoperta di una mina o, più di frequente, da noie ai motori o da improvviso maltempo, che costringeva a ripiegare. Per la verità, nel corso della guerra non fu mai scoperto un sommergibile da parte dei dirigibili italiani, ma diverse mine vaganti, inoltre i movimenti dei battelli sottomarini nemici furono sicuramente limitati dalle perlustrazioni, che contribuirono quindi, in misura non trascurabile, alla sicurezza del naviglio. 

Per completare il discorso è necessario segnalare che un altro “più leggero dell’aria” era impiegato in Sicilia, e per la precisione a Siracusa, sull’isola di Ortigia. 

Si trattava in questo caso di un “draken”, o pallone frenato, che serviva per sorvegliare il braccio di mare verso Malta in vista di eventuali aggressioni navali da quel versante».

Foto copertina: Un dirigibile classe SS che utilizza una fusoliera BE2c come gondola, da Wikipedia.

Foto a corredo dell'articolo:

Un dirigibile delle SS atterra dopo una pattuglia, mostrando il numeroso equipaggio necessario per le manovre a terra. Un altro dirigibile delle SS può essere visto in aria. Da Wikipedia.

Giuseppe Longo

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