lunedì 17 giugno 2024

Seconda Guerra Mondiale: la battaglia navale di Capo Matapan

Cefalunews, 28 marzo 2016

Nel pomeriggio del 28 marzo 1941 nelle acque di Capo Matapan, promontorio greco situato nell’estrema parte meridionale del Peloponneso, la squadra navale della Regia Marina italiana al comando dell’Ammiraglio Angelo Iachino fu attaccata dall’aviazione navale della Mediterranean Fleet. 

In un primo momento, da aerosiluranti inglesi della Royal Navy, decollati dalla portaerei HMS Formidable, e successivamente dalle unità navali britanniche e australiane. 

L’episodio fu uno dei più tragici scontri navali della storia della Marina Militare italiana. In realtà furono colpiti e affondati tre incrociatori e due cacciatorpediniere italiani causando la morte di 2023 uomini tra Ufficiali, Sottufficiali e Marinai. 

La battaglia navale di Capo Matapan che vide di fronte le navi italiane della I, III e VIII Divisione contro la Mediterranean Fleet al comando dell’Ammiraglio Andrew Cunningham, ebbe origine con lo scontro avvenuto nelle acque occidentali di Gaudo, isolotto posto a sud di Creta, nella mattina dello stesso giorno. 

Infatti, dopo le ripetute richieste tedesche a “Supermarina” di organizzare un’operazione di disturbo contro i traffici marittimi inglesi nel Mediterraneo centro orientale, la squadra navale al comando dell’Ammiraglio Iachino si mosse dalle proprie basi per intercettare il naviglio britannico operante fra l’Egitto e la Grecia. 

L’operazione doveva essere supportata dall’aviazione militare italiana e da quella tedesca, la Luftwaffe. 

Il 27 marzo dopo che un ricognitore britannico aveva comunicato la presenza nel Mediterraneo della flotta italiana, l’Ammiraglio Cunningham decise di mobilitare la sua armata navale. Le unità della Regia Marina entrarono in contatto con gli incrociatori britannici a venti miglia a sud di Gaudo. Ne scaturì un cannoneggiamento da una distanza di circa 23.000 metri. 

Gli inglesi, il cui grosso della flotta si trovava a circa 80 miglia, per difendere i loro incrociatori, fecero decollare dalla portaerei Formidable, gli aerosiluranti, i quali non riuscendo a centrare il bersaglio, con una manovra, si ritirarono dalla zona di guerra congiuntamente alla flotta britannica. 

La squadra navale italiana a questo punto invertì la rotta per far ritorno al porto di Taranto. Ciò nonostante, la sera, durante la fase di rientro, la squadra navale dell’Ammiraglio Iachino fu nuovamente attaccata dagli inglesi, e il risultato fu purtroppo il noto e drammatico scontro di Capo Matapan. 

Le navi italiane affondate furono gli incrociatori, Pola, Zara e Fiume e i cacciatorpediniere Alfieri e Carducci. Alla Nave Ospedaliera Gradisca, rimase solamente l’ingrato compito di soccorrere i sopravvissuti. In merito all’immane tragedia, l’Ammiraglio Cunningham nelle sue memorie, scrisse: “Matapan fu una triste storia per gli italiani”. 

Ma il ricordo di questo doloroso episodio, consumato nelle acque greche, riaffiorò ancora una volta nella mente degli italiani, undici anni dopo quella tragedia. In realtà nell’agosto del 1952 in Sardegna, sulla spiaggia di Villasimius, venne rivenuto all’interno di una bottiglia un messaggio scritto da un marinaio italiano, il cui testo rivelava un intenso e struggente stato d’animo. 

Il testo stilato su un brandello di tela recitava: «Regia Nave Fiume - Prego signori date mie notizie alla mia cara mamma mentre io muoio per la Patria. Marinaio Chirico Francesco da Futani, via Eremiti 1, Salerno. Grazie signori - Italia!». 

Il messaggio fu consegnato alla madre, e in seguito al Marinaio Chirico gli fu decretata la Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla memoria con questa motivazione: (1)Imbarcato su un incrociatore irrimediabilmente colpito, nel corso di improvviso e violento scontro, da preponderanti forze navali avversarie, prima di scomparire con l’Unità, confermava il suo alto spirito militare affidando ai flutti un messaggio di fede e di amor patrio che, dopo undici anni, veniva rinvenuto in costa italiana”.  

Abbiamo chiesto allo storico navale Virginio Trucco (2) di parlarci della tragica battaglia di Capo Matapan.

«Durante la conferenza di Merano tenutasi il 13 e 14 febbraio 1941, il Grandammiraglio Raeder, rimproverò alla Regia Marina il suo atteggiamento difensivo nel Mediterraneo. Ciò portò Supermarina (comando in capo della Marina) ad organizzare un’azione contro i convogli inglesi che rifornivano la Grecia, fra il 27 ed il 28 marzo. 

All’operazione avrebbero preso parte: la nave da battaglia Vittorio Veneto, nave di bandiera dell’ammiraglio Angelo Iachino a cui era affidato il comando delle operazioni con 4 cacciatorpediniere; la I^ divisione incrociatori pesanti: Zara, Fiume e Pola al comando dell’Ammiraglio Carlo Cattaneo; la 8^ Squadra incrociatori leggeri: Garibaldi e Duca degli Abruzzi al comando del Contrammiraglio Antonio Legnani, con 6 cacciatorpediniere; la 3^ divisione incrociatori pesanti: Trento, Trieste e Bolzano al comando dell’ammiraglio Luigi Sansonetti, il supporto aereo doveva essere fornito da 27 aerei della Regia Aeronautica e del Comando Aereo Tedesco (CAT) della Sicilia. 

Il 23 marzo la Vittorio Veneto, giunse a Napoli da La Spezia dove era stato spostato per motivi precauzionali dopo l’attacco a Taranto, il giorno stesso l’Ammiraglio Iachino ricevette da Supermarina l’ordine di operazioni, che prevedeva di portarsi a Est dell’isolotto di Gaudo ed intercettare i convogli nemici. 

Lo stesso ordine, purtroppo per la Regia Marina, fu inviato al CAT, che lo ritrasmise al proprio comando e al comando dell’Africa Korps, dopo averlo cifrato con la macchina Ultra, purtroppo il metodo di cifratura tedesco era già stato decrittato dagli inglesi, pertanto l’ordine di operazioni fu subito passato alla Royal Navy, che lo inviò subito all’Ammiraglio Cunninghan, Capo della Mediteraan Fleet. Alle ore 21.00 del 26 marzo, la Vittorio Veneto lasciò il porto di Napoli, la tarda ora fu decisa dall’Ammiraglio Iachino al fine di evitare che l’uscita della nave fosse notata e la notizia fosse trasmessa agli inglesi, e fece rotta verso lo Stretto di Messina. 

Alla stessa ora salpò da Taranto l’8^ squadra seguita due ore dopo dalla I^ divisione scortata dalla 9^ flottiglia cacciatorpediniere. Alle 5.30 del 27 marzo la 3^ divisione e 3 caccia lasciarono il porto di Messina, alle 6.00 mentre la Vittorio Veneto traversava lo stretto, uscirono altri 4 caccia che andarono a sostituire quelli di scorta alla nave da battaglia. 

Usciti dallo stretto e riunitisi alle navi salpate da Taranto, la squadra assunse inizialmente una rotta per 134°, ossia verso la Libia, al fine di confondere eventuali ricognitori o sommergibili che l’avessero avvistata. Intanto gli inglesi a titolo precauzionale avevano sospeso il traffico fra il Pireo ed Alessandria. 

Alle ore 12.30 circa, un ricognitore Sunderland avvistò la 3^ divisione che apriva la formazione e lanciò un messaggio d’avvistamento, che rapidamente decifrato a bordo della nave ammiraglia (3) diceva: avvistati 3 incrociatori ed un cacciatorpediniere rotta 120° velocità 15 nodi, il ricognitore, aveva mal valutato sia la rotta che la velocità delle navi, ma questo vanificò lo stratagemma di Iachino, la rotta 120° portava a Creta. Alle 18.00 arrivò da Supermarina la notizia dell’avvistamento, assieme a quella che a causa delle avverse condizioni meteo, la Regia Aeronautica non avrebbe effettuato le previste ricognizioni su Alessandria. Intanto, la Forza A dell’Ammiraglio Cunningham, composta dalle Corazzate Warspite (nave di Bandiera) Barham e Vailant, con la portaerei Formidable e 9 cacciatorpediniere si preparava a lasciare Alessandria e la Forza B dell’Ammiraglio Pridham-Wippell, formata dagli incrociatori leggeri Orion, Ajax, Perth e Gloucester con 4 cacciatorpediniere si preparava a uscire dal Pireo. 

L’Ammiraglio Cunningham aveva disposto l’incontro delle due formazioni all’alba del 28 a Sud-Est di Gaudo, nella stessa zona dove secondo gli ordini si doveva trovare la Squadra italiana. Alle 13.00 salpò dal Pireo la forza B, mentre la Forza A, sempre per nascondere la partenza, lascio Alessandria alle 19.00; l’intenzione inglese era quella di imporre la battaglia e distruggere le navi italiane, pertanto Cunningham diede ordine ai suoi incrociatori che non appena fossero stati in contatto con il nemico, avrebbero dovuto ripiegare verso la Forza A, lo stesso ordine, era stato dato a Sansonetti dall’Ammiraglio Iachino. 

Verso le 6.00 del 28 marzo, dal Vittorio Veneto fu lanciato un Ro.43, idrovolante da ricognizione, che verso le 6.30 avvistò gli incrociatori della Forza B, ricevuto il segnale d’avvistamento Iachino, all’oscuro dell’uscita in mare delle Mediteraan Flett, ritenne che si trattasse della scorta di un convoglio inglese, pertanto ordinò a Sansonetti di attaccarli. Alle 8.15 la divisione italiana aprì il fuoco, gli inglesi, che erano armati con cannoni di calibri inferiore (152 mm contro i 203 mm italiani) accostarono subito in direzione della Forza A zizzagando e stendendo una cortina fumogena, Iachino insospettito dalla manovra ritenne che gli inglesi cercassero di attirare gli incrociatori italiani verso le basi aeree dell’isola di Creta e dato che non si erano ancora visti gli aerei di copertura promessigli, ordinò a Sansonetti di ripiegare verso di lui, alle 8.50 circa, gli incrociatori italiani sospesero il fuoco e si diressero verso la nave da battaglia italiana, a questo punto gli inglesi per non perdere il contatto invertirono la rotta ed iniziarono a seguire gli italiani. Iachino, informato della cosa, iniziò a manovrare per prenderli fra due fuochi. 

Pochi minuti prima delle 11.00 gli inglesi si trovarono sotto il tiro dei grossi calibri della Corazzata. Alle 11.00 apparvero in cielo 6 biplani, che inizialmente furono scambiati per CR42 della Regia Aeronautica, tanto che gli inglesi li fecero bersaglio della loro antiaerea, si trattava invece di aerosiluranti Albacore, lanciati poco prima delle 10.00 dalla portaerei Formidable, l’equivoco fu chiarito quando gli aerei si misero in formazione d’attacco contro la corazzata italiana, che sospeso il fuoco dei grossi calibri iniziò manovre evasive e apri il fuoco con i pezzi antiaerei. 

I siluri furono lanciati alla distanza di 2000 m. ma la nave italiana riuscì ad evitarli tutti e sei.  Iachino, ritenendo che gli aerei provenissero da basi a terra, vistosi scoperto ed non avendo copertura aerea, alle 11.30 diede ordine di rientro a Taranto. 

La squadra italiana fu ripetutamente attaccata da bimotori Bristol Blenheim delle basi greche alle 14.20, 14.50, alle 15.19 mentre era in corso un ennesimo attacco, furono improvvisamente avvistati gli aerosiluranti della Formidable, la corazzata italiana, accostò a dritta e riuscì ad evitare due siluri lanciati dalla distanza di 1000 m, mentre un terzo aerosilurante, lancio da una distanza inferiore, anche se questo gli costò l’abbattimento, alle 15.30 il siluro esplose a poppa aprendo una falla a 5 m sotto la linea di galleggiamento che provocò l’imbarco di 4000 tonnellate di acqua, il blocco dei timoni e l’arresto della nave. 

Dopo pochi minuti, la nave riprese a muoversi seppur alla velocità di 16 nodi, alle 16.42 i timoni ripresero a funzionare e la velocità aumento a 19 nodi. 

L’Ammiraglio Iachino, lasciata libertà di manovra alla 8^ squadra per il rientro alla base, dispose tutte le altre unità a difesa della nave colpita, costituì un forte apparato difensivo, disponendo le unità su file parallele a meno di 900 m, con 2 caccia a prora, e due a poppa, sul fianco sinistro dispose gli incrociatori Trento, Trieste e Bolzano ed esternamente a questi 3 caccia, sulla destra gli incrociatori Zara, Pola e Fiume, ed esternamente 4 caccia, con questa formazione sperava di giungere a Taranto senza ulteriori danni, ignaro che la flotta inglese si trovava a circa 60 miglia alle sue spalle. 

Cunningham, intanto si rese conto che se non fosse riuscito a rallentare ulteriormente le navi italiane, non sarebbe mai riuscito a raggiungerle, infatti, le sue navi sviluppavano una velocità di 20 nodi contro i 19 delle italiane, lanciare un attacco con gli incrociatori, avrebbe comportato la loro perdita, considerando il dispositivo difensivo italiano e la maggiore gittata dei cannoni italiani, decise pertanto di lanciare un ultimo attacco aereo nell’imminenza del tramonto. 

Alle 19.30 nell’incerta luce crepuscolare gli aerei attaccarono la formazione italiana, che per 15 minuti, dimostrando grande perizia manovro in formazione emettendo un intenso fuoco di sbarramento, alle 19.45 tutto finì e le navi proseguirono nelle tenebre. Alle 20.11 fu intercettato un messaggio dal Pola che riferiva di essere stato colpito a poppa e di essere fermo e senza energia elettrica, non conoscendo la posizione della flotta inglese, Iachino autorizzò l’Ammiraglio Cattaneo ad andare in soccorso del Pola, gli incrociatori Zara e Fiume, con i cacciatorpediniere Alfieri, Gioberti, Carducci e Oriani, invertirono la rotta. 

Nel mentre alle 20.15 l’incrociatore Orion, aveva rilevato il Pola sul radar, credendo che si trattasse della Vittorio Veneto, inviò la posizione al comandante in capo e continuò l’inseguimento, alle 22.20 la corazzata Vailant, rilevò al radar il Pola ad una distanza di 6000 m, Cunningham, diede ordine di brandeggiare tutti i cannoni delle tre corazzate verso quella che riteneva l’ammiraglia italiana, pochi istanti prima dell’apertura del fuoco, il Commodoro Edelisten, scorse alla destra della formazione le sagome di due grosse navi (alla faccia del radar) che avanzavano verso di loro, furono rapidamente identificati come incrociatori italiani, le torri delle navi da battaglia furono brandeggiate sul lato opposto ed appena i riflettori illuminarono le navi (gli inglesi utilizzavano un sistema di oscuramento che permetteva loro di accendere i riflettori in anticipo cosi che fossero in piena efficienza al momento dell’uso senza però rilevare la posizione) i cannoni aprirono il fuoco riversando sulle navi tutta la loro potenza, alla distanza di 3500 m, non fu difficile colpire i bersagli, l’effetto del tiro ad alzo 0 fu micidiale, basti pensare che ogni proiettile pesava circa 900 Kg e ad alzo zero il tiro era molto rapido, in quanto i cannoni si trovavano già in posizione di ricarica, lo Zara ricette 104 proiettili, mentre il Fiume fu colpito da 22, il tiro si diresse poi sui caccia, e solo l’Alfieri riuscì a rispondere al fuoco prima di essere affondato, mentre il Carducci fu affondato mentre cercava di stendere una cortina fumogena fra gli incrociatori e le corazzate, mentre L’Oriali e il Gioberti, seppur danneggiati, riuscirono a passare attraverso la formazione inglese ed a dileguarsi nel buio (sempre alla faccia del radar), nonostante i colpi ricevuti, lo Zara era ancora a galla, tanto che furono necessari tre siluri per affondarlo alle 2.40 del 29 marzo. 

Nel frattempo, il cacciatorpediniere Jervis si avvicinò al bersaglio immobile, identificandolo come il Pola, non riscontrando cenni di reazione, lo abbordò, l’equipaggio catturato e trasferito sul caccia, alle 3.40 lo stesso caccia, lancio un siluro che affondò l’incrociatore. Intanto Iachino, che rilevò il chiarore dei grossi calibri, capì la situazione, ed invio un messaggio a Roma per l’invio di soccorsi. 

Fino alle 11.00 del mattino le navi inglesi perlustrarono l’area dello scontro alla ricerca di superstiti, poi apparvero gli aerei tedeschi, un po’ in ritardo, temendo attacchi, Cunningham diede l’ordine di rientro, mentre faceva lanciare un messaggio in chiaro all’Ammiraglio Riccardi, con la posizione dello scontro, questo rispose di aver già provveduto all’invio della nave ospedale Gradisca, purtroppo la nave a causa della sua bassa velocità arrivò sul luogo solo il 31. 

La notte di Matapan, costò alla Regia Marina oltre alla perdita di tre incrociatori pesanti e due cacciatorpediniere, la ben più dolorosa perdita di 2023 marinai, 782 della Zara, 813 del Fiume, 328 del Pola, 211 dell’Alfieri e 169 del Carducci. 

Gli effetti della battaglia, furono che le grandi navi della Regia Marina, non si spinsero più nell’Egeo e non tentarono più uscite offensive lontano dalle loro basi, Mussolini, riconobbe l’errore di aver bloccato la costruzione delle portaerei tanto richieste dalla Regia Marina, ordinando la costruzione dell’Aquila e dello Sparviero, che però non vennero mai completate. 

Ancora oggi il 29 di marzo, la Marina Militare onora i suoi caduti a Matapan, ricordando il sacrificio dei suoi caduti».

(1) Francesco Castiello “Francesco Chirico: un eroe cilentano dimenticato” (www.lamandragola.org)

(2) Virginio Trucco è nato a Roma, ha frequentato l’Istituto Tecnico Nautico “Marcantonio Colonna”, conseguendo il Diploma di Aspirante al comando di navi della Marina Mercantile. Nel 1979, frequenta il corso AUC (Allievo Ufficiale di Complemento) presso l’Accademia Navale di Livorno, prestando servizio come Ufficiale dal 1979 al 1981. Dal 1981 è dipendente di Trenitalia S.p.A. Lo storico navale Virginio Trucco è membro dell’Associazione Culturale BETASOM (www.betasom.it).

(3) L’ammiraglio Iachino, imbarcò una squadra di decrittatori, al fine di evitare i ritardi causati dalla decrittazione e ritrasmissione del messaggi decodificato da parte di Supermarina. A fine guerra, ridultò che i crittografi Italiani, riusciva più facilmente dei colleghi Inglesi a decodificare i messaggi.

Libri consultati da Virginio Trucco: Bibliografia: Grandi battaglie del XX secolo, di Arrigo Petacco, Armando Curcio Editore. Storia della Marina, Fabbri Editori. Le battaglie navali del Mediterraneo nella Seconda Guerra Mondiale di Arrigo Petacco, Mondadori.  

Foto di copertina: Formazione navale di incrociatori leggeri italiani fotografata da un incrociatore della classe Zara, da Wikipedia.

Foto a corredo dell'articolo: 

Un Ro.43 da ricognizione ripreso mentre viene catapultato da un incrociatore; la ricognizione fu uno dei più grandi problemi della marina italiana.

La nave ospedale Gradisca soccorre i naufraghi della battaglia di Capo Matapan. Scannerizzazione da pagina 30 di Enrico Cernuschi, Maurizio Brescia, Erminio Bagnasco, “Le navi ospedale italiane 1935-1945”, Albertelli Edizioni Speciali, Parma 2010. Da Wikipedia.

Varo dell'incrociatore pesante Pola, Livorno 1931, da Wikipedia.

Il Regio Incrociatore Zara alla rivista navale del maggio 1938, da Wikipedia.

Giuseppe Longo

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