giovedì 13 giugno 2024

Storia della corazzata moderna

Cefalunews, 7 dicembre 2014

Le navi pre-Dreadnought o corazzate policalibro furono le antesignane degli incrociatori corazzati. Nel 1893 il Colonnello Vittorio Emanuele Cuniberti, su pressione dell’allora Ministro della Marina iniziò a lavorare su un progetto navale innovativo, consistente nella realizzazione di una nave corazzata leggera. 

Il progetto però fu abbandonato per la mancanza di risorse economiche. A interessarsi della geniale e rivoluzionaria idea del Cuniberti furono gli inglesi. Essi in breve tempo realizzarono la prima corazzata monocalibro, la “HMS Dreanought”. Per comprendere meglio il percorso evolutivo della corazzata moderna abbiamo intervistato l’esperto di storia navale, Virginio Trucco (1).

«Con l’invenzione dell’elica e il continuo miglioramento delle prestazioni delle macchine a vapore, iniziò la storia della moderna corazzata. Dal 1880 al 1905 le varie marine cominciarono a costruire le corazzate policalibro, poi passate alla storia come pre-Dreadnought, evoluzione delle prime corazzate, dotate di cannoni brandeggiabili in coperta. 

La caratteristica di queste navi, prevedeva: un dislocamento fra le 9.000 e 16.000 tonnellate, un armamento primario, formato da due o quattro cannoni di grosso calibro (compreso fra i 305 mm. e i 254 mm. in torri singole o binate), una a prua e una a poppa, e una serie di cannoni posti in batteria o casematte, compresi fra i 254 mm. e i 120 mm. 

La scelta fu dettata poiché a quel tempo i cannoni di grosso calibro, erano difficili da brandeggiare, e lenti da caricare, con il risultato di avere una cadenza di tiro molto bassa. 

Pertanto, i calibri maggiori in torretta vennero soprattutto usati per colpire le navi nei suoi punti vitali; viceversa, i cannoni di calibro minore, avevano il compito di distruggere le sovrastrutture della nave. A quel tempo le distanze di combattimento, variavano dai 2.000 ai 4.000 m. 

L’apparato motore di queste navi, era generalmente costituito da due eliche con i relativi assi, mossi da macchine alternative a vapore a triplice espansione, e alimentate da un numero variabile da 8 - 20 caldaie a carbone. 

Quest’apparato permetteva alle navi di raggiungere una velocità massima di 16-18 nodi, e che comunque poteva essere tenuta per breve tempo, sia per l’eccessiva temperatura raggiunta dalle caldaie sia per l’eccessivo consumo di carbone. 

Altri handicap di queste navi erano: l’aumento dei pesi dovuto al numero di cannoni; la possibilità di imbarcare acqua dalle aperture dei cannoni in caso di mare mosso; la possibilità di usare solo le artiglierie da un solo lato durante lo scontro; e il problema logistico di dover disporre di proiettili di vario calibro a bordo. 

Con l’aumento delle prestazioni delle cariche di lancio dei proiettili, il progredire della meccanica sui cannoni, il miglioramento delle strumentazioni ottiche e meccaniche nelle direzioni del tiro, ma soprattutto l’introduzione del siluro nel 1890, portò a un aumento delle distanze di combattimento fino ai 10.000 m. 

Tuttavia, con l’aumento delle distanze, nacquero due problemi: il primo di tipo costruttivo, la corazza di queste navi, era massima nel piano verticale (fiancate, casematte e torrioni), ma relativamente bassa sul piano orizzontale (ponti). Alle brevi distanze il tiro dei cannoni era teso, però, grazie all’aumento delle gittate, il tiro era a parabola, e di conseguenza i colpi giungevano dall’alto. L’altro problema fu di tipo pratico. 

In realtà, i direttori del tiro non riuscivano a distinguere di quali cannoni erano le salve che cadevano sulla nave nemica e quindi apportarne le opportune correzioni. Perciò si ricorreva al tiro alternato al fine di identificare con sicurezza le salve. 

Nel frattempo s’iniziò a provare la turbina a vapore, al posto delle macchine a triplice espansione, mentre le prestazioni dei cannoni erano in continuo miglioramento. Nel 1893, il Colonnello del Genio Navale Vittorio Emanuele Cuniberti (2), su sollecitazione del Ministro della Marina, iniziò a lavorare sul progetto di una nuova nave da battaglia leggera, e assolutamente rivoluzionaria. 

La nave prevedeva: una corazzatura principale da 305 mm; un armamento di soli pezzi da 203 mm. (e posti completamente in torri installate sulla coperta) macchine con turbine a vapore, in grado di raggiungere i 23 nodi; e un’autonomia di ben 15.000 miglia. 

Dato che l’Italia, non aveva, né le risorse economiche, né la volontà di realizzare dette navi, il Cuniberti fu autorizzato a diffondere le sue idee. Cosa che fece pubblicando nel 1903 l’articolo “An ideal battleship for the British Fleet” sul Jane’s Fighting Ships, la rivista più prestigiosa nel campo delle marine militari. L’ammiraglio Sir John Fisher, rimase fortemente impressionato dall’articolo, e fece sue le idee del Cuniberti, dichiarando che già dal 1900 aveva pensato a una tale nave (non sapeva che il progetto era del 1893). 

Nel 1904, Sir John Fisher, nominato Primo Lord del Mare, profuse tutte le sue energie per far approvare, la costruzione di una nave di questo tipo. Nacque cosi la “HMS Dreanought”, impostata nei cantieri di Portsmouth il 2 ottobre 1905. 

La corazzata monocalibro (la prima a essere costruita) fu varata il 10 febbraio 1906 ed entrò in servizio il 3 ottobre 1906, un anno e un giorno dopo l’impostazione. La nave era armata con 10 cannoni da 305 mm, in cinque torri binate, tre lungo la linea di mezzaria e due su alette all’altezza dei fumaioli. 

Era dotata di 4 turbine alimentate da 18 caldaie, che con una potenza di 22.500 cv. portavano le 18.700 tonnellate di dislocamento della nave alla velocità massima di 21 nodi. L’apparizione della HMS Dreanought portò le corazzate pluricalibro, (che da quel momento presero il nome di Pre-Dreadnought), a essere considerate obsolete, e di conseguenza si diede l’avvio alla sfrenata corsa agli armamenti che porto in pochi anni a considerare superata anche la Dreadnought, che fu radiata nel 1919. 

L’ammiraglio Fischer, credeva talmente nel progetto, che fece costruire anche una serie di incrociatori, denominati incrociatori da battaglia, con le stesse caratteristiche, ma con una corazzatura molto inferiore a favore della velocità. Questi incrociatori che combatterono per la prima volta alle Falkland, dimostrarono tutta la loro fragilità durante la battaglia dello Jutland».

(1) Virginio Trucco è nato a Roma, ha frequentato l’Istituto Tecnico Nautico “Marcantonio Colonna”, conseguendo il Diploma di Aspirante al comando di navi della Marina Mercantile. Nel 1979, frequenta il corso AUC (Allievo Ufficiale di Complemento) presso l’Accademia Navale di Livorno, prestando servizio come Ufficiale dal 1979 al 1981. Dal 1981 è dipendente di Trenitalia S.p.A.

(2) Vittorio Emanuele Cuniberti (Torino 1854- Roma 1913) Colonello del Genio Navale, fu uno dei più geniali progettisti italiani, assieme a Benedetto Brin, maggiore progettista navale di navi da guerre. Introdusse le caldaie alimentate a nafta, perfezionò il siluro, migliorò la difesa subacquea delle navi, e introdusse il calibro unico sulle navi. 

Foto di copertina: La Regia Nave Dante Alighieri all'ormeggio in rada.




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