lunedì 17 giugno 2024

Cento anni fa nasceva l’Aeronautica Militare Italiana. Resoconto di guerra tra luglio e settembre 1915

Cefalunews, 13 novembre 2015 

Il 7 gennaio di cento anni fa Vittorio Emanuele III, firmava il Regio decreto n. 11, istituendo il “Corpo Aeronautico Militare”, in attesa di essere convertito in legge previa presentazione in Parlamento. Il Regio decreto fu pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia” n. 16 del 21 gennaio 1915. 

In seguito, furono pubblicate due apposite circolari (n. 168 e n. 169) nel “Giornale militare ufficiale” del 1915, relative alla costituzione del Corpo aeronautico militare. 

Il Regio decreto del 1915 fu poi convertito in legge soltanto nel 1917 (Legge n. 508, 1° febbraio 1917, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, n. 80 del 5 aprile 1917). 

Pertanto, questa “armata dell’aria”, dipendente dal Ministero della Guerra (Esercito), fu l’antesignana dell’Aeronautica Militare. 

Nel 1915, il costituendo “Corpo Aeronautico” fu strutturato nel modo seguente: “una direzione generale d’aeronautica, facente parte dell’Amministrazione centrale della guerra; due comandi di aeronautica; un battaglione dirigibilisti; un battaglione aerostieri; uno stabilimento di costruzioni aeronautiche; un battaglione squadriglie aviatori; un battaglione scuole aviatori; una direzione tecnica dell’aviazione militare; un istituto centrale aeronautico”. 

La Regia Aeronautica aveva maturato già da tempo una vasta esperienza bellica: la guerra italo-turca (1911-1912) ne era stata il banco di prova. In realtà, nella campagna di Libia, l’Italia impiegò per la prima volta in assoluto gli aerei, sia a scopo di ricognizione e bombardamento. 

Inoltre, nella “Campagna d’Africa”, l’aviazione italiana sperimentò anche l’uso nel campo militare del dirigibile. 

Il nostro Paese entrò in guerra nel maggio 1915 e di conseguenza crebbe anche l’industria aeronautica, in particolar modo la produzione di bombardieri. Abbiamo chiesto a Francesco Fortunato (1) di parlarci del periodo bellico compreso tra luglio e settembre dell’anno 1915. 

«Questi mesi videro una maggiore definizione e estensione del ruolo della forza aerea, da parte di tutti gli schieramenti in lotta, con perfezionamenti delle tattiche e dei compiti. Già a questo punto non si può più parlare, a rigore, di “pionieri del volo”, nonostante i grandi rischi connessi all’impiego dei mezzi aerei, perché si riscontra un impegno crescente e strutturato, sempre più in sinergia con le altre componenti delle forze armate. 

Tuttavia le aspettative risultavano decisamente al di là di quello che uomini e mezzi potevano fornire. 

L’Italia entrò in guerra con decisione ma scontrandosi presto con la realtà dei fatti. Il Corpo Aeronautico Italiano, precursore dell’Aeronautica Militare, era stato fondato il 7 gennaio 1915 nell’ambito del Regio Esercito, incorporando i Battaglioni Aviatori, il Battaglione Specialisti (dirigibili) e il Battaglione Aerostatieri del Genio. 

Nel contempo, la Regia Marina disponeva dei propri reparti aeronautici dotati di idrovolanti e di una propria flotta di dirigibili. Gli italiani potevano vantare le esperienze sul campo raccolte in Libia fra il 1911 e il 1912, ovvero il primo impiego militare di aeroplani e dirigibili, tuttavia il nuovo scenario di guerra si rivelò di gran lunga più complesso e ostico. 

L’Italia fu l’unico paese belligerante, oltre alla Germania, a impiegare dirigibili in combattimento per tutta la durata del conflitto

Le “nostre” macchine erano del tipo semirigido, e non del tipo rigido impiegato dai tedeschi ed erano per questo più piccole ma anche d’impiego più versatile. Il primo bombardamento con dirigibile avvenne il 26 maggio 1915, solo tre giorni dopo l’entrata in guerra, in un’azione contro Sebenico, al di la dell’Adriatico. 

I dirigibili non erano tuttavia esenti da rischi: l’8 giugno 1915 il dirigibile M2 “Città di Ferrara”, al servizio della Regia Marina, fu colpito dalla contraerea nel corso di un attacco su Fiume e poi abbattuto da un idrovolante mentre tentava di rientrare. 

Il 5 agosto sorte simile toccò al V1 “Città di Jesi”, anch’esso della Regia Marina, colpito dall’artiglieria contraerea nel corso di un’incursione su Pola. Era chiaro che le modalità d’impiego dovevano essere riviste. Il primo attacco condotto dai bombardieri trimotori Caproni Ca.3 ebbe luogo il 20 agosto, contro il campo d’aviazione di Aisoviza. I trimotori Caproni si rivelarono efficienti e robusti, in grado di volare anche con un motore non funzionante e sorprendentemente manovrabili per un aeroplano di quelle dimensioni. 

Per altri tipi di macchine la situazione era meno rosea: i monoplani disponibili (Bleriot, Nieuport, Macchi-Parasol, Caproni) si rivelarono poco adatti al ruolo di ricognizione, a causa della bassa affidabilità e velocità di salita, aggravati dallo scenario di montagna in cui erano destinati a operare. 

Ancora meno erano adatti al bombardamento, a causa del ridottissimo carico bellico, imponendo una rapida ristrutturazione dei reparti. Migliore risultato diede il Farman modello 1914, biplano a elica spingente, che fu impiegato in ampio numero e anche prodotto su licenza da diverse aziende italiane, sia con il motore originario (un rotativo Gnome) sia con motore a cilindri in linea Fiat A 10. Questo modello fu anche longevo, essendo impiegato a lungo come addestratore dopo che era diventato obsoleto per l’uso operativo al fronte. 

Altra macchina di notevole successo fu il Voisin III, anch’esso a elica spingente ma con telaio in acciaio e dimensioni maggiori, adatto anche come bombardiere leggero. Arrivarono anche alcuni esemplari del biplano monomotore a trave di coda Caudron G.3, di produzione francese, più adatti alla ricognizione in altura. 

Il Regio Esercito privilegiò a lungo i modelli a elica spingente e traliccio di coda, perché in grado di fornire un’ottima visibilità anteriore all’osservatore e di sparare in avanti, e inoltre erano facilmente distinguibili dai mezzi austro-ungarici, tutti a motore anteriore. 

Tuttavia fu necessario cambiare progressivamente questa politica per adeguarsi allo sviluppo tecnologico. I mezzi a elica spingente risultarono, infatti, progressivamente penalizzati in termini di velocità e manovrabilità e, col passare del tempo, anche in relazione all’armamento. 

L’equipaggio era composto da un osservatore, che era di regola un ufficiale, e un pilota che, di contro, poteva essere anche un semplice soldato: in quei giorni iniziali del conflitto, infatti, il pilota fu considerato alla stregua di un semplice conduttore. 

Le azioni si susseguirono e le prime perdite non tardarono ad arrivare: la notte del 27 luglio 1915 un nostro monoplano di tipo Nieuport fu abbattuto da una shrapnel sull’altopiano del Carso. 

Vi morirono il maresciallo Luigi Rocchi, pilota, e il capitano di fregata Riccardo Cipriani, osservatore. Quest’ultimo era già in congedo, ma aveva chiesto e ottenuto di arruolarsi di nuovo. Entrambi furono decorati con la medaglia d’argento al valor militare alla memoria. 

Il fronte occidentale visse i giorni terribili di quello che sarà chiamato, in retrospettiva, il “flagello Fokker”. Esso, fu dovuto alla supremazia aerea conquistata dai tedeschi con il Fokker E (“Eindecker”, cioè “monoplano”), il primo vero caccia della storia. 

Si trattava di un aeroplano strettamente ispirato al francese Morane Saulnier H, ma con telaio in acciaio invece che in legno. Era veloce e robusto ma di difficile pilotaggio. Dovette il suo successo all’essere fornito, primo aeroplano al mondo, del meccanismo di sincronizzazione, che consentiva di montare una mitragliatrice frontale evitando di colpire le pale dell’elica con le pallottole. 

Questa innovazione lo rese un “killer” formidabile moltiplicando le perdite inglesi e francesi e riducendone fortemente la capacità di portare a termine ricognizioni. Solo al principio del 1916 francesi e inglesi furono in grado di realizzare macchine in grado di contrastarlo. 

Lo sviluppo del Fokker E deve molto al tenente Otto Parschau e i primi successi in combattimento furono ottenuti dal tenente Kurt Wintgens, tuttavia i due maggiori assi ai comandi del Fokker E furono Oswald Boelcke e Max Immelmann, entrambi del reparto Feldflieger Abteilung 62. 

Iniziarono con un singolo esemplare, condiviso tra loro, sul quale ottennero i primi successi nell’agosto 1915. Boelcke totalizzò 19 delle sue 40 vittorie complessive su un Fokker E, mentre Immelmann ne realizzò 15. Entrambi i piloti furono d’esempio a una generazione di assi, incluso il “Barone Rosso” Manfred von Richthofen, ma entrambi non sopravvissero alla guerra. 

Per nostra fortuna, in quei mesi l’aviazione austro-ungarica non prevedeva reparti da caccia. In questo periodo (primavera-estate 1915) i tedeschi continuarono a impiegare su ampia scala i dirigibili di tipo rigido, ovvero i giganteschi Zeppelin e Shutte Lanz, nonostante le copiose perdite. 

Il 7 giugno 1915 ebbe luogo la prima distruzione di un dirigibile in combattimento aereo: in precedenza altri dirigibili erano stati distrutti al suolo o dalla contraerea. In quest’occasione lo Zeppelin LZ 37 fu colpito da una bomba sganciata dal Morane Saulnier L pilotato da Reginald Warneford del servizio aereo della Royal Navy. 

L’aeronave si schiantò a Sint-Amandsberg, in Belgio, uccidendo una persona al suolo, mentre nell’equipaggio ci fu un solo superstite. Warneford ottenne la Victoria Cross e Legion d’Onore francese, ma subito dopo morì in un incidente aereo, assieme a un giornalista americano. Il 4 luglio i tedeschi tentarono di attaccare una formazione navale inglese, nel Mare del Nord, con una flotta di cinque dirigibili. 

Anche a causa del cattivo tempo, lo scontro si concluse con un nulla di fatto da entrambe le parti. Durante tutta l’estate si susseguirono i tentativi di bombardare Londra o altre città della Gran Bretagna con i dirigibili, ma sempre con risultati limitati. 

Le numerose vittime civili, tuttavia, infuriarono la popolazione britannica e la resero maggiormente determinata a proseguire la guerra, ottenendo quindi il risultato esattamente contrario rispetto a quello cui miravano i comandi tedeschi. 

In settembre, i comandi germanici limitarono gli obiettivi alla zona portuale di Londra, per timore di gravi rappresaglie britanniche contro le città tedesche. 

La Russia fece entrare in azione i grandi bombardieri Ilya Muromets, realizzati dal pioniere dell’aeronautica Igor Sikorsky. Si trattava di grandi biplani quadrimotori, ovvero i primi bombardieri pesanti della storia. Le grandi macchine risultarono un avversario ostico per i caccia tedeschi, che non riuscivano ad abbatterli. Anzi, le scie delle eliche rischiavano di far perdere il controllo ai piloti aggressori: nel primo scontro del 6 luglio i tedeschi persero due aerei senza riuscire ad abbattere neanche un bombardiere. 

Il primo successo dei tedeschi si verificò solo oltre un anno dopo, e precisamente il 12 settembre 1916, quando un quadrimotore fu attaccato da quattro caccia Albatross e riuscì ad abbatterne tre, prima di cadere a sua volta. 

Nel corso della guerra, fino all’armistizio del 1917, successivo alla Rivoluzione d’Ottobre, i russi persero solo tre velivoli Ilya Muromets a causa del fuoco nemico, su oltre 450 missioni effettuate. 

Il 2 agosto gli inglesi portarono a termine il primo tentativo di far decollare un aeroplano da una nave operativa, facendo seguito alle sperimentazioni statunitensi e britanniche precedenti alla guerra. Si trattava di un biplano Sopwith Baby e la nave era l’HMS Campania».

(1) Francesco Fortunato, è nato a Napoli nel 1971. Ingegnere Aeronautico lavora dal 1999 alle dipendenze di una grande impresa in qualità di specialista nel calcolo numerico. Impegnato nel volontariato, è appassionato di musica, tecnologia e storia, in particolare storia dell’aeronautica. Ha aperto e gestisce il blog “Fremmauno”, un sito di “storia aeronautica meridionale”. Collabora con l’Università Federico II di Napoli (Facoltà di Ingegneria) e altri studiosi di aviazione. Scrive articoli e organizza conferenze.

Foto di copertina: Monoplano Caproni, impiegato per addestramento.

Foto a corredo dell'articolo:

Pallone-Drago per l'esplorazione. foto scattata presso Tripoli all'epoca governatorato italiano - L'Illustrazione italiana n° 52 del 24 dicembre 1911. Da Wikipedia.

Dirigibile “Città di Ferrara”. L'immagine originale, di Carlo Burzagli, è datata 1914, è stata scansita da Emiliano Burzagli, e fa parte dell'Archivio privato della famiglia Burzagli. Da Wikipedia.

V1 “Città di Jesi”. Città di Jesi nella baia Saccorgiana di Pola, cartolina di propaganda austro-ungarica, dopo il 1915, (fotografata dal fotografo polese Rudolf Marincovich), da  (www.istrapedia.hr/it/natuknice/1723/citta-di-jesi-iesi).

Zeppelin LZ 37, da (https://www.schwaebische.de/).

Il motore radiale Salmson raffreddato ad acqua del Voisin III, da Wikipedia.

Schieramento di triplani Fokker Dr.I tedeschi durante la prima guerra mondiale, da Wikipedia.

Giuseppe Longo 

https://cefalunews.org/

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