giovedì 6 giugno 2024

La storia del sommergibile: le origini

Cefalunews, 25 settembre 2015

Il 5 settembre del 1914 l’incrociatore leggero della Royal Navy “HMS Pathfinder”, durante una missione operativa lungo le coste orientali della Scozia, fu affondato da un siluro lanciato dall’U-Boot, U-21 al comando del capitano Otto Hersing. 

L’incrociatore britannico fu la prima nave nella storia delle marine militari a essere affondata da un sommergibile. Il termine tedesco Unterseeboot (nave che va sott’acqua) abbreviato in U-Boot, e anglicizzato in U-Boat, indica generalmente sia sommergibili che sottomarini. Contrariamente, per sottomarino, nel senso letterale della parola, s’intende un’unità che solca i mari e combatte, preferibilmente in immersione, piuttosto che in emersione. 

Proverbiale fu la precisazione di Winston Churchill riguardo all’utilizzo dei termini U-Boot e sottomarino: «I sottomarini nemici devono essere chiamati “U-Boot”. 

Il termine “sottomarino” deve essere riservato solo ai vascelli subacquei alleati. Gli U-Boot sono quei codardi furfanti che affondano le nostre navi, mentre i sottomarini sono quegli apparecchi nobili e coraggiosi che affondano le loro». Ripercorriamo la storia di questi battelli subacquei, attraverso quanto ci ha esposto lo storico navale Virginio Trucco (1).

«Prima d’iniziare questa carrellata sulla storia del sommergibile, vorrei chiarire, che spesso i termini sommergibile e sottomarino, vengono usati come sinonimi, ma in effetti, si tratta di due tipologie di mezzi diversi. Il sommergibile, è un’unità navale progettata per navigare in superficie e solo in determinate situazioni operative può operare sott’acqua per un tempo più o meno lungo. Il sottomarino è un’unità navale progettata per navigare e operare in immersione. 

La maggiore caratteristica che divide le due categorie, oltre alla maggiore permanenza in immersione è la velocità subacquea, che nel sottomarino è superiore a quella in superficie. Lo spartiacque fra i due tipi è considerato il modello U-Boot, Tipo XXI, prodotto dalla Germania alla fine del secondo conflitto mondiale. Sin dal 1472, lo studioso italiano Roberto Valturio aveva illustrato un battello subacqueo dotato di ruote per il trasporto di uomini. 

Leonardo Da Vinci, nel suo Codice, fa accenni a un progetto di nave sottomarina. Il francese De Son, nel 1653 s’impegnò nella costruzione di un mezzo sommergibile, destinato alla distruzione delle navi di superficie, chiamato “Catamaran”, in quanto costituito da due scafi. 

Il mezzo, era dotato di un sistema di propulsione meccanica, costituito da un congegno a orologeria che azionava un sistema di pale, ma che all’atto pratico risultò insufficiente a far muovere il battello. Il 20 giugno 1774, l’inglese John Day, s’immerse nel porto di Plymouth a bordo di un battello battezzato “Maria”, l’impresa fallì. Il battello affondò a una profondità di 50 m e Day divenne la prima vittima a causa dell’affondamento di un sommergibile. 

Nel 1776, l’americano David Bushnell, progettò un battello subacqueo “l’American Turtle”, il mezzo era mosso da eliche azionate a mano. L’American Turtle era in grado di navigare sia emerso che immerso. Per immergersi occorreva far entrare acqua tramite una valvola comandata da un pedale che per tornare in superficie veniva espulsa da una pompa a mano. 

L’American Turtle era armato di una carica esplosiva a orologeria che veniva applicata alla carena della nave, tramite la punta di un trapano azionato dall’interno, la carica, si attivava al momento del distacco della punta del trapano dal battello.  La notte del 6 settembre 1776, il sergente Ezra Lee, si portò sull’ancoraggio della flotta inglese, raggiungendo la nave ammiraglia. 

Il vascello Eagle, nel tentativo di fissare la carica alla chiglia, fallì l’operazione, poichè la carena era rivestita di piastre di rame, e il trapano non riuscì a perforarla. Il sergente Lee, vista l’inutilità del tentativo ritornò a terra.  Fra il 1797 e il 1804, Robert Fulton, si dedicò a un’intensa attività sperimentale del mezzo subacqueo, tanto che nel 1800 Napoleone gli mise a disposizione 10.000 franchi. 

A questo punto Fulton costruì il Nautilus: lo scafo era ricoperto di rame rafforzato con supporti in ferro, poteva navigare a una quota di 7,6 m con un equipaggio composto da 3 uomini; sul cielo della torretta era posizionato un acuminato puntale che portava collegata una torpedine che doveva essere piantato nella carena della nave nemica, quindi, il mezzo emergeva e si allontanava velocemente tramite due vele ad ali di farfalla, quando la torpedine toccava la carena della nave, esplodeva. Nonostante le prime sperimentazioni diedero esito positivo, la Marina francese si rifiutò di adottare la nuova arma, ritenendola indegna della tradizione della Marine Nationale. 

Nel 1850 il tedesco Wilhelm Bauer, costruì un sommergibile con scafo in ferro il “Brandtaucher”, lungo 8 metri e pesante 39 tonnellate, con lo scopo di attaccare le navi danesi che bloccavano il porto di Kiel. Le voci giunte ai danesi sulle attività di collaudo del mezzo, li costrinsero ad allontanarsi dalla costa, rendendo violabile il blocco. 

Durante una di queste prove, l’1 febbraio 1851, nel mezzo si aprì una falla e il battello affondò, Bauer e i due marinai che erano con lui, divennero famosi per essere i primi a salvarsi da un sommergibile affondato. 

Il mezzo fu recuperato nel 1887 e ancora oggi è conservato nel museo di Dresda. Nel 1863 l’americano Alstit, propose un battello con due apparati di propulsione: a vapore per la navigazione in superficie ed elettrico per quella subacquea, ma dato il costo dei materiali elettrici, non se ne fece nulla. Invece a Rochefort (Francia) fu varato il Plongeur, le sue linee preannunciavano i moderni sommergibili. 

Il Plongeur, dislocava 400 tonnellate era lungo 42,5 m e poteva immergersi a 10-15 m. La sua propulsione era affidata a un motore ad aria compressa, così come l’espulsione dell’acqua per l’emersione, ed era armato con una torpedine ad asta. Durante le sperimentazioni, si riscontrarono problemi di manovrabilità del mezzo, che ne compromettevano l’operatività. Sempre nel 1863, durante la Guerra Civile americana, Horace Lawson Hunley mise a punto per i confederati, un sottomarino in ferro, propulso a braccia da otto uomini che azionavano l’elica mediante un albero a gomiti. 

Lo sviluppo del sommergibile fu complesso, con diversi sinistri, in uno di quali perse la vita, lo stesso Hunley. Il mezzo recuperato e riattivato, fu battezzato Hunley e il 17 febbraio 1864 affondò la corvetta Housatonic. Purtroppo anche l’Hunley andò perduto, individuato sul fondo nel 1995, fu recuperato nel 2000. Nel 1875, John Philip Holland, americano di origini irlandesi, inventò un primo battello subacqueo a pedali. 

Dopo due anni costruì l’Holland II, azionato da un motore a petrolio da 4 HP. Nel 1879, fu varato l’Holland III con un motore da 15 HP. Nel 1893, a una gara indetta dall’U.S. Navy, presentò il suo settimo progetto, che prescelto, fu impostato nel 1895 e varato nel 1897 con il nome di Pluger. 

Il battello era armato da un pezzo a tiro rapido e un tubo lanciasiluri, era dotato di due apparati motori, due macchine alternative per la navigazione in superficie e due motori elettrici per quella in immersione. Nel 1900, l’Holland VIII, fu acquistato dall’U.S.Navy per 120.000 dollari, da quel momento e per diversi anni i sommergibili tipo Holland dominarono il mercato internazionale. Nel 1879, il russo Drzevieschi, presentò un mezzo subacqueo, dotato per la prima volta di periscopio, e nel 1894 realizzò un battello dotato di motore elettrico alimentato da accumulatori, che però non potevano essere ricaricati a bordo. 

Nel 1886 Dupuy de Lôme e Gustave Zédé, furono incaricati dalla Marine Nationale, di studiare una nave subacquea. Nel 1888 fu varato il Gymnote, da 31 tonnellate azionato da un motore elettrico, che dimostrò buone doti evolutive, ma lo scafo affusolato, evidenziò che per la navigazione in superficie, il battello doveva essere dotato di forme più marine. Nel 1893, fu presentato a Tolone il Gustave Zédé (in onore del progettista morto nel 1890), dotato di un motore elettrico da 720 HP, con una velocità in emersione di 8 nodi e di 5 in immersione. 

Durante la presentazione, lanciò un siluro da esercizio contro una corazzata in movimento centrandola. Nel 1892, in Italia l’ingegner Giacinto Pullino, realizzò il Delfino, un sottomarino sperimentale da 95 tonnellate, propulso da un unico motore elettrico, che oltre ad azionare l’elica principale, azionava anche due eliche verticali per gli spostamenti in quota. 

Era inoltre munito di cleptoscopio (antenato del periscopio), fu acquistato dalla Regia Marina, che lo modificò fra il 1902 e il 1904 e rimase in servizio fino alla fine della Grande Guerra. L’imporsi del motore elettrico sul sommergibile gli conferiva una limitata autonomia, con la necessità di rientro in porto o una nave appoggio per la ricarica degli accumulatori. Dati questi limiti, venne considerato da subito, un mezzo da seconda linea, adatto al massimo per la difesa ravvicinata delle basi o passaggi obbligati. 

Fino a quel momento i sommergibili, erano costruiti con due scafi, il più interno ero lo scafo resistente, ricoperto da un secondo scafo con forme più idrodinamiche. Nel 1903-1905, l’Italiano Cesare Laurenti, costruì il Glauco, primo sommergibile a semplice scafo, che eliminando la spinta positiva data dal doppio scafo, diminuì sensibilmente i tempi d’immersione. 

I sommergibili così costruiti, presero il nome di tipo Laurenti, i quali ebbero un enorme successo. Oltre che dalla Regia Marina, furono costruiti anche per flotte estere: 4 per la Royal Navy, altrettanti per l’U.S.Navy e la marina Giapponese, 15 per la Svezia e 9 per la Russia. In totale tra il 1905 e il 1918, furono costruite 47 unità. 

Ormai i battelli si dividevano fra quelli a semplice scafo (tipo Laurenti) e quelli a doppio scafo totale o parziale (tipo Holland). Nel 1907 entrò in servizio sui battelli, il motore Diesel, che andò a sostituire quelli a benzina, diminuendo i pericoli di scoppio e incendio a bordo. Nel 1911 la Gran Bretagna, adottò dei rudimentali respiratori per la fuoriuscita degli equipaggi di sommergibili sinistrati. 

Nel 1912, la Russia varò il primo sommergibile posamine, il Krab, progettato dall’ingegner Naletov.  Nonostante le continue sperimentazioni, all’inizio del XX secolo, il sommergibile era ancora un mezzo non molto affidabile, molti vedevano ancora i battelli subacquei come fonte di pericolo per gli equipaggi, visione confermata da diversi incidenti. Nonostante questo, si continuò a sviluppare il mezzo. 

La ricerca tecnica si rivolgeva soprattutto agli scafi, ai motori e agli armamenti. L’uso di acciai speciali consentì una maggiore robustezza. Il congruo risparmio di peso che si concretizzò e l’aumento delle dimensioni, permisero allo scafo una migliore tenuta del mare, maggior spazio per armi e combustibile, con un conseguente aumento dell’autonomia in mare. 

Dagli iniziali dislocamenti di 100/300 tonnellate, si passo nel 1914 a 600/800 tonnellate. Una delle principali difficoltà, fu registrata nelle realizzazioni dei motori di un’adeguata potenza, sia elettrici che termici. 

Solo nel 1911, i tedeschi riuscirono a produrre motori diesel da 1500/1700 HP, la velocità in superficie, passò dagli 8/10 nodi ai più di 14 nodi, mentre, quella in immersione passò dai 5/7 ai 9/10 nodi. S’impose il tubo lanciasiluri interno, che da 1 passarono a 4 o più. I cannoni passarono dai calibri 47 o 50 mm agli 88 o 105 mm dei battelli tedeschi del 1914. Iniziò ad affermarsi anche il sommergibile posamine. Nel campo strategico, al sommergibile, vennero affidate due missioni: la prima difensiva, dove il mezzo era impiegato, in funzione antiblocco per la difesa dei porti, dei tratti di costa, del traffico, e dalle azioni della flotta nemica. 

I battelli destinati a questo scopo, e che avrebbero dovuto operare in vicinanza delle proprie basi, furono assegnati a battelli con un basso dislocamento e quindi più piccoli, con forme di scafo più adatte alla navigazione subacquea, scarsa velocità in superficie e assenza di cannoni. Nella seconda, quella offensiva, il mezzo doveva operare assieme alla flotta d’altura, con compiti di esplorazione e difesa della flotta. 

A questa missione furono assegnati i sommergibili più grandi, con velocità di superficie elevata, grande autonomia, e potenti cannoni. Gli inglesi, arrivarono a progettare l’incrociatore sommergibile, di grandi dimensioni, propulso da turbine con un armamento artiglieresco di grosso calibro. Per ultimi ricordiamo i sommergibili da trasporto costruiti dai tedeschi. 

Consci della possibilità del blocco degli ingressi al Mar Baltico, questi mezzi di grande dislocamento, praticamente disarmati, e dotati di stive e bighi di carico abbattibili (che dovevano essere utilizzati per il trasporto di merci vitali al conflitto), si rilevarono all’atto pratico non idonei ai compiti assegnati, a causa della scarsità di materiale trasportato, e pertanto furono trasformati in sommergibili da grande crociera».

(1) Virginio Trucco è nato a Roma, ha frequentato l’Istituto Tecnico Nautico “Marcantonio Colonna”, conseguendo il Diploma di Aspirante al comando di navi della Marina Mercantile. Nel 1979, frequenta il corso AUC (Allievo Ufficiale di Complemento) presso l’Accademia Navale di Livorno, prestando servizio come Ufficiale dal 1979 al 1981. Dal 1981 è dipendente di Trenitalia S.p.A. Lo storico navale Virginio Trucco è membro dell’Associazione Culturale BETASOM (www.betasom.it).

Foto di copertina: Delfino (sommergibile 1892), da Wikipedia.

Giuseppe Longo 

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