Cefalunews, 14 novembre 2019
Il 16 dicembre di 75 anni fa, Adolf Hitler, nell’estremo tentativo di ribaltare a suo favore gli esiti della guerra, ordinò una grande offensiva contro gli Alleati nella foresta delle Ardenne, regione collinare ricadente nei territori di Francia, Lussemburgo e Belgio meridionale. In realtà, dopo il vittorioso sbarco in Normandia avvenuto il 6 giugno del 1944, per la Germania nazista le sorti della guerra erano già segnate.
Infatti, in pochi mesi, sia la resistenza partigiana che gli Alleati avevano liberato la Francia, avvicinandosi rapidamente verso il Terzo Reich; mentre a est, le forze armate russe avanzavano prontamente senza incontrare seri ostacoli. Pertanto le forze tedesche che già nel maggio del 1940 avevano già occupato il Belgio e la Francia, si trovarono in poco tempo stretti in una morsa e senza una eventuale via di fuga.
Il Führer che accarezzava ancora progetti di rivincita, impiegò su questo fronte occidentale tutte le proprie risorse disponibili per spezzare l’assedio e respingere gli anglo-americani. Nonostante i terribili bombardamenti degli Alleati sulle città germaniche, la produzione bellica continuò alacremente.
L’offensiva delle Ardenne fu un ultimo tentativo tedesco per arrestare l’avanzata anglo-americana, nell’attesa che gli scienziati di Hitler perfezionassero le armi segrete, le cosiddette Vergeltungswaffen (V): V-1, V-2 e V-3 (quest’ultima non entrata mai in attività) e che avrebbero dovuto rovesciare le sorti della guerra.
Abbiamo
chiesto al Dott. Geol. Donaldo Di Cristofalo (1) di parlarci della battaglia
delle Ardenne, l’ultimo colpo di coda della Germania nazista e che costò la
vita a quasi 100 mila uomini tra tedeschi, anglo-americani e civili francesi.
Una vera ecatombe nella vecchia Europa.
«Che
la guerra fosse ormai persa era opinione diffusa tra le fila della Wehrmacht,
in quel dicembre del 1944, in particolare tra i comandanti di teatro, ed il
tentativo di assassinare il Fuhrer di cinque mesi prima ne era una esplicita
dimostrazione. Ma non mancavano le posizioni di chi, fanaticamente legati al
destino del “Reich millenario”, credevano ancora a soluzioni in grado di
ribaltare le sorti del conflitto, magari con la sola illusione delle
“wunderwaffen”.
Non bisogna infine sottovalutare la preparazione e le lealtà dei
quadri e delle truppe tedesche le quali, pur in un evidente contesto di
inferiorità su entrambi i fronti continentali, erano ancora in grado di
produrre azioni tattiche di grande efficacia, non fosse altro che per la difesa
del territorio nazionale.
Alcuni alti Ufficiali dell’OB West (il Comando Supremo ad Ovest),
segnatamente Rundstedt e Model, avevano provato a convincere Hitler per
operazioni limitate, in grado di bloccare gli Alleati sulla Linea Sigfrido e
dedicare maggiori forze ad Est per provare a ricacciare indietro i Russi. Ma la
visione strategica del Fuhrer, condivisa supinamente da Keitel e Jodl, era
diversa, puntando ad un’azione risolutiva sul fronte occidentale, dove le
truppe americane in particolare erano ritenute poco combattive.
Viene pertanto approvata una offensiva i cui piani sono allo studio
sin da settembre, con l’obiettivo di lacerare le linee alleate in una zona di
fragilità e, contando sulle capacità di unità corazzate altamente mobili,
puntare sulla giugulare del dispositivo anglo-americano, Anversa, il cui porto
costituisce lo snodo logistico più importante per lo svolgimento della
Campagna.
E’ un piano ambizioso, al limite dell’azzardo, ma non privo di
fascinazioni. In effetti lo SHAEF di Eisenhower, pur non sottovalutando affatto
le forze tedesche, non accreditano loro la capacità di una controffensiva di
rilievo. Fa eccezione il Generale George S. Patton, grande ammiratore delle
capacità belliche tedesche, che forse sarà l’unico a non sorprendersi dagli
eventi di quel dicembre.
Al comando del Feldmaresciallo Walter Model, uno dei migliori
generali tedeschi del conflitto, tre armate, con un totale di 21 divisioni di
prima linea ed 8 di riserva, si sarebbero incuneate tra le linee alleate nella
zona delle Ardenne, una regione collinare boscosa al confine tra Belgio,
Francia e Lussemburgo, per puntare su Liegi, Dinant, Bruxelles e Anversa. In
questo modo Hitler riteneva di potere isolare e distruggere l’intero 21° Gruppo
di armate del Maresciallo Montgomery e 2 delle 3 armate statunitensi del 12°
Gruppo del Generale Bradley.
I tedeschi diedero una grande dimostrazione nel celare i
preparativi dell’offensiva, nome in codice “Herbstnebel” (Nebbia autunnale),
ammassando qualcosa come 250.000 uomini, 1.000 carri armati e 2.000 cannoni in un
fronte di neanche 50 chilometri.
Precedute da un intenso fuoco di artiglieria le formazioni
germaniche, il 16 dicembre 1944, iniziarono l’attacco, cogliendo di sorpresa le
postazioni americane.
Ventuno divisioni, di cui 7 corazzate, con una riserva di ulteriori
8, penetrarono lungo tre direttrici, con quella centrale, basata sulla 6^ SS
Panzerarmee, che avrebbe dovuto fungere da punta di lancia in direzione di Spa
e Liegi, per poi indirizzarsi su Anversa. Tale cuneo corazzato avrebbe
proceduto con due corpi d’armata in fila indiana, sia per la ristrettezza delle
vie di comunicazione tra i fitti boschi della regione, sia per fornire una
spinta continua dell’avanzata.
Di fatto la tabella di marcia programmata si rivelò sin da subito impossibile da rispettare. La condizioni del terreno e quelle climatiche avvantaggiavano oltremodo i difensori i quali, nonostante forti perdite e localizzate situazioni di sbando e panico, riuscirono a realizzare dei capisaldi di difesa, bloccando in diversi punti del fronte di attacco le colonne tedesche.
Migliori risultati ottennero le formazioni che avrebbero
dovuto garantire i fianchi delle Waffen-SS, specialmente sul lato meridionale,
dove un vero e proprio sfondamento consentì alla 5^ Panzerarmee della Wehrmacht
del generale Manteuffel di puntare rapidamente sull’importante nodo viario di
Bastogne. Eisenhower, dopo lo shock iniziale, aveva rapidamente avviato una
serie di contromisure che vertevano principalmente nell’invio delle uniche
forze di riserva immediatamente disponibili, e cioè le due divisioni
paracadutiste USA, la 82^ e la 101^, oltre alla 2^ divisione corazzata. Inoltre
stabilì lo spostamento di importanti unità dai settori limitrofi, segnatamente
dalla 3^ armata di Patton, trasferendo il comando del settore settentrionale
del fronte a Montgomery.
Il 19 dicembre reparti della 101^ divisione paracadutisti
“Screaming Eagle” si barricavano nel settore di Bastogne, con l’ordine di
resistere ad oltranza, in considerazione dell’importanza del nodo di
comunicazione (sulla cittadina convergono 7 importanti strade), ma la spinta di
von Manteufel non si era ancora esaurita, registrandosi forti perdite tra gli
alleati (fino a 300 carri distrutti nei primi 3 giorni dell’offensiva).
Il 21 dicembre si completava l’accerchiamento di Bastogne, contro
cui sarebbero risultati vani tutti i tentativi di attacco tedeschi. Il 26 i
primi elementi della 4^ Divisione corazzata del generale Gaffey entravano a
Bastogne, evento che in qualche modo simboleggiava la sconfitta dell’offensiva
tedesca. Il miglioramento delle condizioni meteorologiche, e con esse il
ripristino dei rifornimenti aerei e soprattutto dell’appoggio delle forze
aerotattiche, finì per enfatizzare la superiorità alleata in termini di
materiali e supporto logistico.
Per la fine dell’anno l’inerzia dei granatieri e dei carristi
tedeschi si arenò a poche miglia da Dinant, ben lontano da Liegi, da Bruxlelles
e dalle affollate banchine del porto di Antwerpen.
I combattimenti continuarono fino a gennaio, ma Hitler aveva già
dato le spalle al fronte delle Ardenne e alla chimera di Anversa, ordinando lo
spostamento di molte divisioni nel calderone orientale, dove era più concreto
l’incubo di migliaia di T 34 in marcia verso Berlino.
Per gli Americani si trattò della più impegnativa battaglia di
tutta la Guerra, sia in termini di truppe coinvolte che di perdite, ma il
raccolto di tale sanguinosa semina fu l’annientamento di alcune tra le migliori
unità d’elite di Hitler, del morale dei generali tedeschi che vedevano
confermato l’inesorabile epilogo del conflitto, e di una nuova consapevolezza
del soldato statunitense il quale, ancorché supportato dalla migliore logistica
al mondo, diede prova di sapere combattere anche in condizioni estreme e spesso
in inferiorità numerica».
(1) Donaldo Di Cristofalo, Geologo, Cultore di storia militare e di
aeronautica.
Foto di copertina: Truppe Waffen-SS all’attacco durante i
primi giorni dell’offensiva delle Ardenne.
Office for Emergency Management. Office of War Information.
Overseas Operations Branch. New York Office. News and Features Bureau.
12/17/1942-9/15/1945. Photograph taken from a Captured Nazi Shows German Troops
Rushing Cross a Belgian Road.
Info: www.archives.gov.
Bibliografia e stitografia:
Giuseppe Longo 2014, “Settanta anni fa veniva lanciata la prima V1 in Gran
Bretagna”
Giuseppe Longo
Nessun commento:
Posta un commento