sabato 22 giugno 2024

Un nuovo anno di guerra aerea: febbraio-maggio 1915

Cefalunews, 29 maggio 2015

Agli inizi del primo conflitto mondiale, l’Aeronautica italiana di esercito e marina, ebbe in un primo momento una funzione ausiliare. 

Tuttavia, nel corso del conflitto e di comune accordo con lo Stato Maggiore dell’Esercito e della Marina, la nuova forza aerea divenne un punto di riferimento prezioso e imprescindibile. 

In realtà, l’aeroplano, da arma di ricognizione, gradualmente, e soprattutto grazie alle nuove tecnologie impiegate, diventò una vera e propria macchina da guerra efficiente. 

Da questo momento l’industria dei paesi belligeranti inizierà a produrre velivoli di ogni sorta, bombardieri, caccia e ricognitori: i francesi SPAD e Nieport, gli inglesi Sopwith, Royal Aircraft Factory e AVRO, i tedeschi Fokker, Albatros, e gli italianissimi Caproni e SVA (Savoia Verduzio Ansaldo). Saranno questi aerei che insieme ai loro piloti, entreranno nella leggenda della “cavalleria dell’aria”. 

Abbiamo chiesto all’ingegnere aeronautico Francesco Fortunato (1) di parlarci della condotta e dell’entrata in guerra della neonata aeronautica italiana.

«Finito il primo inverno di guerra, si entrò nella primavera del 1915 e, con essa, il conflitto diventò più intenso. La guerra divenne ormai stabilmente “di trincea” e si affievolirono le speranze di una fine rapida. Questo impose ai belligeranti, piani a più lungo termine e un più deciso investimento nell’industria e nella ricerca a fini bellici. 

Si delinearono nuovi ruoli per l’aviazione e comparvero nuovi tipi di velivoli, più specializzati ed efficienti. In questo senso, nel marzo 1915 i britannici impiegarono per la prima volta gli aeroplani in compiti di bombardamento tattico, a supporto delle truppe a Menin e Courtai, in Belgio. 

Nello stesso mese la marina imperiale russa impiegò, per la prima volta nella storia, idrovolanti per attaccare obiettivi sulla costa ottomana del Mar Nero. 

Il primo ruolo universalmente riconosciuto all’aeroplano era stato quello della ricognizione. Il successivo, conseguente, fu quello di impedire che le ricognizioni avversarie avessero successo e, al contempo, proteggere le proprie. Era necessario quindi, realizzare l’aeroplano da caccia. Gli esperimenti, in questo senso, furono innumerevoli. 

Falliti i tentativi di usare colubrine o altre armi personali, gli inglesi provarono a sfruttare la configurazione a motore spingente, come con il Vickers F.B.5, in modo da poter montare una mitragliatrice anteriore senza l’intralcio dell’elica. 

Tuttavia, i modelli a elica spingente risultarono avere prestazioni inferiori di quelli a elica trattiva, a causa della minore efficienza aerodinamica. Un altro tentativo fu di montare la mitragliatrice in alto, sopra l’ala superiore dei biplani, in modo che sparasse al di fuori del disco dell’elica. 

Questa tecnica fu applicata sui primi Bristol Scout inglesi. Fu cercata a lungo la soluzione per sincronizzare la mitragliatrice con l’elica, in maniera da poter fare fuoco in avanti senza che i proiettili rischiassero di colpire le pale. 

Una prima rozza soluzione fu proposta dalla compagnia francese Morane Soulnier e consisteva nel fissare dei “deflettori” in acciaio sulle pale dell’elica, in modo da proteggerle dalle pallottole. 

Il celebre aviatore Roland Garros provò questa soluzione in combattimento e riuscì a ottenere diverse vittorie: la prima il 1° aprile 1915, altre due il 15 e il 18 dello stesso mese. Quello stesso 18 aprile fu però costretto ad atterrare in territorio nemico, a causa di un guasto al motore o di fuoco da terra e fu fatto prigioniero, senza aver modo di distruggere completamente il suo aereo. 

Sembra che l’analisi del relitto, assieme alla sollecitazione delle autorità tedesche a ottenere un sistema almeno equivalente a quello francese, indusse il brillante progettista Anthony Fokker, di origine olandese, ma attivo in Germania dal 1910, a perfezionare il sistema di sincronizzazione meccanica su cui stava lavorando già da alcuni mesi, riuscendo a renderlo abbastanza affidabile. 

Questo successo pose le premesse del cosiddetto “flagello Fokker”, che afflisse le forze aeree anglo-francesi dall’estate del 1915 fino alla fine dell’anno, quando si videro surclassati dai nuovi caccia Fokker tipo E, i primi dotati del nuovo meccanismo di sincronizzazione. Il Fokker E si può considerare il primo vero caccia della storia. 

Era un monoplano ispirato ai Morane Saulnier francesi, ma, molto più robusto di questi grazie alla struttura in telaio d’acciaio anziché di legno, e soprattutto dotato di una o due mitragliatrici nel muso, sincronizzate con l’elica. 

Da febbraio, iniziò il suo servizio nei reparti aerei tedeschi Max Immelmann, che successivamente diventerà uno dei primi e più noti assi della guerra. Egli fu in questo primo periodo, un pilota di aeroplano ricognitore biposto di tipo LVG. Il futuro Asso ebbe diversi scontri con le sue controparti francesi e britanniche, ma senza esiti di rilievo. 

Ad aprile Max Immelmann fu trasferito al “Fliegerabbteilung 62”, assieme a Oswald Boelke, anche lui destinato a diventare un famoso pilota da caccia. Il loro reparto sarà, infatti, il primo a ricevere nel mese di luglio, due prototipi dei nuovissimi caccia di tipo Fokker E. 

Alla fine del maggio 1915, un giovane ufficiale tedesco di cavalleria, che aveva operato nei primi mesi di guerra in Russia, Francia e Belgio, vide accettata la sua richiesta di passare al servizio aereo. Egli, aveva fatto domanda perché stanco di rimanere inattivo: la cavalleria era infatti completamente impedita nei suoi movimenti dalle trincee del fronte. 

Questo giovane ufficiale, discendente da una nobile famiglia, portava il nome di Manfred von Richthofen, ma diventerà famoso con il soprannome di “Barone Rosso”. 

Egli seguirà inizialmente il corso di osservatore, poiché essendo più breve, gli consentiva di ritornare più presto in azione, e solo più tardi seguirà il corso di pilotaggio. Si intensificarono le aggressioni dei dirigibili Zeppelin tedeschi contro il Regno Unito e la Francia. 

L’intenzione dichiarata era di scoraggiare la popolazione nemica per fiaccarne la determinazione a proseguire la guerra. Il Kaiser aveva inizialmente proibito di bombardare Londra, temendo di colpire i suoi parenti all’interno della famiglia reale inglese. 

Il divieto fu progressivamente sollevato e alla fine completamente annullato a partire da maggio, a seguito dei bombardamenti sulle città tedesche ad opera dei britannici. Dopo diversi tentativi abortiti, il primo raid sulla capitale inglese avvenne il 30 maggio ad opera dello Zeppelin LZ 38. Le aggressioni si rivelarono tuttavia molto costose, a causa delle numerose perdite di grandi dirigibili, a fronte di danni materiali e morali molto inferiori alle attese. 

A partire da maggio comparvero i nuovi Zeppelin di classe P, più grandi e dal migliore profilo aerodinamico rispetto ai precedenti. Questo diede ai tedeschi nuove speranze e l’impulso a riprendere la campagna di bombardamenti. Il 24 maggio l’Italia entrò in guerra contro l’Austria-Ungheria. 

Le trattative con la Triplice Intesa, per uscire dall’alleanza con Germania e Impero Austro-Ungarico, erano tuttavia iniziate a febbraio e l’accordo era stato già raggiunto il 26 aprile. L’Italia aveva un esercito numericamente superiore, che il comandante in capo Cadorna volle lanciare in un attacco frontale (le famose spallate) per raggiungere la pianura slovena. 

Dal punto di vista aeronautico l’Italia ebbe una limitata ed eterogenea dotazione di aeroplani, per lo più di produzione francese: Bleriot, Nieuport e Farman, questi ultimi i più efficienti. A dicembre erano stati ordinati dodici esemplari del nuovo trimotore Caproni da bombardamento, che si era rivelato una macchina eccezionale, facendo superare al Ministero la contrarietà per il modo con cui erano stati eseguiti i primi collaudi, di fatto, contro il loro parere. 

Più avanzata era la situazione sul fronte dirigibili, dove era in sviluppo una flotta di semirigidi interamente nazionali, che era nata dall’impegno del capitano del Genio Mauro Maurizio Moris e del giovane ingegnere napoletano Gaetano Arturo Crocco. 

Alla data dell’entrata in guerra, tuttavia, era disponibile solo un piccolo nucleo di dirigibili di tipo “P”, ovvero “Piccolo”, dotati di un solo motore e di limitata autonomia e capacità di carico. 

L’idea era ancora quella di una guerra di breve durata e di movimento, pronostico che si sarebbe dimostrato tragicamente sbagliato. 

Gli aeroplani schierati al fronte furono in tutto una settantina, organizzati in dodici squadriglie a disposizione delle Armate, del Comando Supremo e della piazza di Venezia, tutti con finalità principale di ricognizione e ridotta capacità di bombardamento. 

Nelle retrovie restarono due squadriglie dotate di Parasol Caproni, tipo di monoplano che si sarebbe dimostrato molto al di sotto delle attese e mai impiegato in combattimento».

Note:

(1) Francesco Fortunato, è nato a Napoli nel 1971. Ingegnere Aeronautico lavora dal 1999 alle dipendenze di una grande impresa in qualità di specialista nel calcolo numerico. Impegnato nel volontariato, è appassionato di musica, tecnologia e storia, in particolare storia dell’aeronautica. Ha aperto e gestisce il blog “Fremmauno”, un sito di “storia aeronautica meridionale”. Collabora con l’Università Federico II di Napoli (Facoltà di Ingegneria) e altri studiosi di aviazione.

Foto di copertina: L’equipaggio di un Voisin si prepara al decollo.

Foto a corredo dell'articolo:

Diagramma britannico d’identificazione dei dirigibili nazionali e tedeschi.

Elica Morane Saulnier dotata di cunei deflettori in ferro, per deviare le pallottole di mitragliatrice.

Manifesto di reclutamento britannico che recita “meglio fronteggiare le pallottole che essere ucciso a casa da una bomba”.

Manifesto inglese di propaganda sui raid degli Zeppelin tedeschi.

Diagramma del Touring Club italiano per identificare i mezzi aerei nazionali e nemici.

Giuseppe Longo

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venerdì 21 giugno 2024

Guerra italo-turca. Anche il termitano Agostino Longo, cannoniere scelto, nell’audace impresa dello Stretto dei Dardanelli

Cefalunews, 25 gennaio 2022

Nella notte tra il 18 e il 19 luglio di centodieci anni fa in piena guerra italo-turca, le torpediniere d’alto mare: Astore, Centauro, Climene, Perseo e Spica, al comando del Capitano di Vascello, Enrico Millo (1865-1930) violarono lo Stretto dei Dardanelli, spingendosi in formazione serrata per circa 11 miglia, sino quasi a raggiungere gli sbarramenti di Costantinopoli.

Durante la ricognizione, al fine di constatare le reazioni della difesa nemica, le imbarcazioni della Regia Marina, per quanto possibile, cercarono di mettere a segno i siluri sulle pesanti navi da guerra ottomane, all’ormeggio nella rada di Nagara.

La sortita, però, fu sventata dai forti di sorveglianza ottomani, poiché durante la notte, all’imbocco dello stretto, intercettarono la torpediniera Astore, l’ultima in linea di battaglia. 

Tuttavia, la penetrazione lungo la costa europea dei Dardanelli continuò, e nel corso  della missione, dopo l’incaglio dello Spica (a capo della formazione navale e in seguito al suo ripristino), la 3a squadriglia italiana, sfidando nei due sensi l’intenso fuoco delle batterie turche, e schivando ogni sorta di ostacoli retali, compresi i tratti di mare minati, riuscì a ricongiungersi alle navi appoggio: Vettor Pisani, Nembo e Borea, che stazionavano in mare aperto, nell’Egeo. 

Le siluranti, durante la rischiosa attraversata non riportarono danni significativi, pertanto insieme alla scorta, fecero tutti quanti ritorno alla base italiana di Lero, nel Dodecaneso italiano.

Tra questi coraggiosi argonauti ci fu anche il termitano Agostino Longo (1889-1967) (1) cannoniere scelto, imbarcato sul Climene. Il nostro, all’epoca del raid dei Dardanelli, doveva ancora compiere 23 anni. Insieme a lui, faceva parte del personale di bordo il seguente equipaggio che noi qui trascriviamo integralmente con la rispettiva gerarchia e le relative località di provenienza: 

STATO MAGGIORE

Primo Tenente di vascello, Carlo Fenzi, comandante (Firenze)

Tenente di vascello, Luigi Montella (Otranto)

Sottotenente di vascello, Arturo Luzzi (Reggio Calabria)

Tenente macchinista, Chillemi Carmelo (Catania)

EQUIPAGGIO

Marinari scelti: Ermanno Piccoli (Fano); Antonio Vianello (Pellestrina); Pietro Accame (Pietra Ligure).

Marinari: Giacomo Vernazza (S. Margherita Ligure); Pietro Palermo (Pozzallo); Gentile Veronesi (Chioggia); Mauro De Pinto (Molfetta); Rosario Almorisi (Salerno);

Capo timoniere di 2a classe: Umberto Giberti (Viareggio).

Timoniere volontario di un anno: Klinger Settimio (Genova).

Timoniere: Giovanni Battista Pisanelli (Ducenta).

Sotto capo cannoniere: Salvatore Javolello (Benevento).

Cannonieri scelti: Fernando Donati (Pesaro); Agostino Longo (Termini Imerese).

Torpediniere E: Evangaldo Piccinini (Terruggia)

Secondo capo torpediniere S: Francesco Doria (Napoli).

Torpedinieri S: Carlo Fuggetta (S. Giovanni Valdarno); Giuseppe Monaco (Napoli).

Primo macchinista: Raffaele Nappi (Napoli).

Secondo macchinista: Crispo Giovine (Molfetta).

Secondo capo meccanico: Massimiliano Pacinotti (Livorno).

Sotto capi meccanici: Rocco Ninni (Bari); Vincenzo Carrieri (Napoli); Angelo Chiantera (Monopoli).

Sotto capi fuochisti A: Vito Cellamare (Taranto); Vincenzo Mazzola (Alessandria).

Fuochisti scelti A: Luigi Albertella (Pegli); Giovanni Taragna (Torino).

Fuochista A: Giordano Fabbi (Savona).

Fuochisti scelti: Salvatore Marzo (Messina); Vincenzo Buonocore (Ischia).

Fuochisti: Andrea Albini (Voltri); Giuseppe Saia (Palermo); Stefano Camarda (Messina). 

Per la storica scorreria, le bandiere di guerra delle cinque siluranti furono insignite con la medaglia d’oro dal Re Vittorio Emanuele III di Savoia (1869 - 1947), su proposta (2) del Ministro della Marina l’on. Pasquale Leonardi Cattolica (1854 - 1924).

Le gesta della squadriglia (3) suscitarono tanta ammirazione nei confronti della nostra armata di mare. 

In realtà le imprese eroiche delle cinque “Walkirie”, ebbero maggiore eco di consenso nell’opinione pubblica, soprattutto attraverso i versi rimati di Gabriele d’Annunzio (1863 - 1938) con “La canzone dei Dardanelli”, componimento inserito nel libro di poesie: “Merope. Canti della guerra d'oltremare”.

Il 25 aprile 1913, il giorno di San Marco, nel cortile di Palazzo Ducale a Venezia, furono consegnate le medaglie d’oro ai componenti delle siluranti del Raid.

[…] Le medaglie d’oro vennero conferite per sottoscrizione pubblica fra i veneziani, sottoscrizione promossa dal comm. Nicolò Spada. La quota fu fissata a 10 centesimi: così anche le borse più umili poterono contribuire all’omaggio […] (Cfr. Echi della festa di Venezia per gli eroi dei Dardanelli). Le decorazioni furono distribuite ai premiati dalla bimba dell’Ammiraglio Umberto Cagni (1863 - 1932). 

Per quell’evento unico e straordinario, che vide osannati Millo e una schiera di marinai, circa 1800 alunni delle scuole, accompagnati da tre bande musicali, cantarono l’inno dei Dardanelli, scritto dal Prof. Ferdinando Galanti, e musicate dal M° Carmelo Preite.

Per avere un quadro esauriente circa la scheda tecnica della torpediniera d’alto mare Climene (4) protagonista, insieme alle altre quattro siluranti, dell’audace missione nel canale dei Dardanelli, abbiamo interpellato lo storico navale Virginio Trucco (5), invitandolo anche di parlarci pur brevemente della storia tipologica dell’unità su cui fu imbarcato il marinaio Agostino Longo.   

La torpediniera Climene

«Prima di parlare della Regia torpediniera Climene, e bene fare una breve storia di questa tipologia di unità.

Nel 1866 l’ingegnere Whitehead, migliorando il progetto del capitano di Fregata della K.u.K Marine Luppis, presentò alla marina austriaca la “torpedine Luppis - Whitehead”, ribattezzata dall’ammiraglio Saint Bon siluro. La marina austriaca provò ed accetto il mezzo da utilizzare da postazioni fisse per la difesa costiera. Whitehead continuò a sviluppare l’arma, vendendone i progetti a tutte le marine europee e non.

Con il miglioramento del siluro, questo iniziò ad essere imbarcato sulle unità maggiori e nel 1877 la Royal Navy costruì la prima vera e propria torpediniera, la Lightning piccola unità di 27 tonnellate, una lunghezza di 27m e velocità di 18/19 nodi. Immediatamente i maggiori paesi europei prima comprarono torpediniere dai cantieri inglesi e poi avviarono la costruzione in proprio.

Soprattutto in Francia la “Jeune École” proclamava finita l’era delle grandi navi, soprattutto le corazzate che sarebbero state facile preda delle torpediniere, cosa che fu confermata dai successi delle torpediniere giapponesi nei confronti delle navi russe nella baia di Port Hartur durante il conflitto Russo - Giapponese, inoltre non avendo bisogno di grandi infrastrutture potevano essere dislocate in qualsiasi porticciolo, tanto che nella prima decade del 1900 la Marine Nationale arrivò a schierarne 250.

Intanto le torpediniere continuavano a crescere in dimensioni e migliorare le proprie prestazioni fino ad arrivare a unità che potevano operare in alto mare, a tale scopo, data la limitata autonomia, vennero costruite navi atte a trasportarle e metterle in mare in vicinanza del nemico. Anche la Regia Marina s’interessò alle torpediniere, prima acquistandole da cantieri esteri e poi ordinandole a cantieri nazionali.

Il Climene fu una di queste ultime, si trattava di una torpediniera di alto mare, costruita dal cantiere Pattinson di Napoli. Impostata nel gennaio del 1908 fu varata il 15 maggio del 1908 ed entrò in servizio il 16 agosto del 1909, aveva un dislocamento a p.c. di 208.15t, leggermente inferiore alle altre unità della stessa classe in quanto installava caldaie alimentate a nafta anziché a carbone.

Le sue dimensioni erano le seguenti, lunghezza f.t. 51.647m, lunghezza alle pp 50.064m larghezza 5.312m ed un’immersione di 1.76m. l’apparato motore era composto da 2 caldaie tubolari Thornycroft da 3.225 hp di potenza, che alimentavano 2 motrici alternative verticali a triplice espansione accoppiate a due eliche Stone a tre pale del diametro di 1.676m, che gli conferivano una velocità di 25 nodi. Una scorta di 42t di nafta gli permettevano un’autonomia di 1376mg ad una velocità di 8 nodi, che scendeva a 752mg a 16n e 324 mg a 24n. era armata con tre cannoni da 47/53 e 3 tubi lancia siluri da 450mm, il suo equipaggio era composto da 3 ufficiali e 32 fra sottufficiali e marinai.

L’unità era costruita con acciaio zincato ad alta resistenza, il suo scafo era diviso da 11 paratie stagne, cosa che gli conferiva una certa robustezza, aveva ottime qualità nautiche che gli permettevano di operare con ogni tempo, un’ottima manovrabilità anche alle alte velocità. Inserita nella 3^ squadriglia torpediniere d’alto mare, operò nel Mar Egeo con compiti di vigilanza e scorta.

Durante la guerra italo-turca partecipò all’impresa dei Dardanelli e la sua bandiera fu decorata con medaglia d’oro al valor militare, partecipò poi all’occupazione delle isole di Scarpanto, Caso, Nisiro, Lero, Calimna e Patmo. 

Nell’ottobre del 1915 partecipò al salvataggio dell’esercito Serbo e successivamente prese parte allo sbarramento del canale d’Otranto come posamine. Il 3 novembre 1918 partecipò all’occupazione di Trieste ed il 5 a quella di Pola, esegui compiti di dragamine e pilotaggio convogli, trasferita al comando di Pola continuò a svolgere vari compiti sino al 23 luglio del 1926 data della sua radiazione, successivamente fu inviata alla demolizione». 

Note:

(1) Il cannoniere scelto Agostino Longo, fu decorato della medaglia d’oro, e gratificato con la somma di 500 lire in titoli di Stato (circa 2000 euro di oggi). Inoltre, come ci racconta suo nipote (il sig. Mario Longo), suo zio era un uomo schivo e riservato. Al ritorno dalla vita militare, fu premiato da un apposito Comitato istituitosi a Termini Imerese che gli offrì in dono un orologio da taschino con dedica. Attualmente l’orologio è conservato gelosamente a casa degli eredi.

Agostino Longo fu Francesco, e Carmela La Mantia, nacque a Termini Imerese in Vicolo Mori. Dopo aver terminato il servizio militare esercitò il mestiere di falegname. Si trasferì nella nuova casa sita in Piazzetta Geraci, acquistata con una parte dei proventi del premio in denaro. Sposò Antonia Purpura da cui ebbe due figli, Francesco e Carmelina. 

(2) Testo della relazione dell’onorevole Ministro a Sua Maestà il Re:

«Sire,

Nella notte dal 18 al 19 ultimo scorso una squadriglia di siluranti composta dalle torpediniere d'alto mare Spica, Climene, Centauro, Astore e Perseo, al comando del capitano di vascello Enrico Millo, penetrava nei Dardanelli per constatare le reali condizioni della difesa e silurare possibilmente la squadra turca ancorata nel seno di Nagara. 

La squadriglia, scoperta all’entrata, si portava fino alla stretta di Chanak, quivi avvistava le navi nemiche e retrocedeva solo quando l’ulteriore avanzata avrebbe rappresentato un sicuro ma vano sacrificio. Illuminata, come di pieno giorno, da potenti proiettori, percorreva sempre in fila serrata il canale nei due sensi e ritornava quasi immune da danni, pur fatta bersaglio per circa due ore dalle innumerevoli artiglierie postate sulle rive, dopo aver superato ostacoli e zone minate.

Sire,

Il freddo ardire del duce, la balda valentia dei comandanti, la mirabile bravura dei dipendenti, fuse insieme in uno sforzo concorde animato dal più profondo sentimento del dovere, costituiscono un fulgido esempio di virtù militari che è doveroso premiare in maniera collettiva, che tale sia ambìto compenso per tutti quanti, stando sulle siluranti predette, parteciparono all’ardua impresa.

Mi onoro pertanto sottoporre alla sanzione della M.V. la proposta di decorare della medaglia d’oro al valor militare le cinque gloriose bandiere di combattimento che sventolarono su Dardanelli nella notte dell’eroico cimento». 

(3) Comunicato ufficiale dell’Agenzia Stefani in data 20 luglio 1912 alle ore 14.10, e comunicato dell’Ammiraglio Leone Viale (1851 - 1918) all’Agenzia Stefani in data del 21 luglio 1912. 

Agenzia Stefani del 20 luglio 1912

«(Ufficiale). In seguito alle reiterate insistenti informazioni pervenute al Comando in Capo delle Forze Navali, accennati alla intenzione delle flotta turca di tentare una sorpresa contro le nostre navi in Egeo, fu ordinato negli scorsi giorni di intensificare e spingere al nord le linee di crociera delle nostre siluranti.

Una squadriglia di torpediniere, forse inseguendo siluranti nemiche o per scopo di ricognizione, si spingeva con mirabile ardimento e con ordine perfetto entro i Dardanelli, giungendo inosservata fin quasi a Gianak per circa venti chilometri.

Scoperta da numerosi proiettori e fatta segno di nutrito fuoco incrociato dai molti forti delle due sponde, nonché dalla moschetteria e dalle mitragliere, si spingeva ancora avanti, finchè - constatato che la squadra nemica era in piena efficienza difensiva e protetta da ostruzioni in cavo di acciaio - decise ritirarsi constatando l’assoluta impossibilità di eseguire un attacco alle navi ancorate.

Tale ritirata si eseguiva in ordine perfetto sempre sotto il fuoco vivissimo di tutti i forti dei Dardanelli e delle navi ormai messe in allarme. E la squadriglia italiana al completo riguadagnava l’Egeo senza che le siluranti nemiche osassero neanche inseguirla.

Grazie alla perizia marinaresca e militare, alle saggie disposizioni prese, e grazie alla scarsa precisione del tiro nemico, le nostre torpediniere riuscirono assolutamente incolumi nel personale e nel materiale.

In tal modo poteva compiersi una audacissima ricognizione che ridonda ad onore della regia Marina ed è prova mirabile dell’abilità e dell’audacia dei Comandanti, della disciplina e del sangue freddo degli equipaggi». 

Il rapporto Viale

L’Agenzia Stefani comunica in data del 21:

ROMA 21 - Il vice-ammiraglio Viale radiotelegrafa dalla R.N. «Regina Elena» in data di ieri.

«A mezzanotte tra il 18 e il 19, la squadriglia di siluranti composta dalle torpediniere «Spica», «Centauro», «Astore», «Climene», e «Perseo», riusciva ad entrare di sorpresa nell’imboccatura dei Dardanelli. La torpediniera «Astore», ultima della formazione, veniva poco dopo scoperta e subito le batterie di entrambe le rive aprivano il fuoco su di essa.

Le stazioni di vedetta disseminate a breve distanza lungo la costa si trasmettevano dall’una all’altra i segnali di allarme, sì che la squadriglia delle nostre torpediniere rimaneva sempre e successivamente illuminata da circa dodici proiettori, ma proseguiva arditamente la sua rotta, in formazione serrata, alla velocità di vent’un nodi, tenendosi vicinissima alla costa europea.

Giunta presso Kilid Bahr, mentre il fuoco si faceva più intenso, la torpediniera «Spica», che teneva la testa della formazione, urtava contro un cavo d’acciaio. Liberatasi da questo, proseguiva ancora, ma tosto si impigliava in un altro cavo, dal quale, mettendo a tutta forza, riusciva anche a liberarsi.

Al di là di Kilid Bahr-Cianak, lo specchio d’acqua era completamente ed intensamente illuminato dai proiettori della costa e delle navi e battuto dal tiro nutritissimo delle artiglierie di terra e della squadra. Il mobile incrociarsi dei numerosi fasci proiettori rendeva impossibile identificare le navi e meno ancora il loro orientamento approssimato.

Il comandante Millo pertanto ritenne vano tentare in questa condizioni un attacco, che avrebbe prodotto alla maggior parte delle nostre siluranti sicure perdite. D’altronde giudicando pienamente riuscita la ricognizione, dispose per il ritorno della squadriglia che fu eseguito con lo stesso ordine, la stessa calma e la stessa abilità che hanno caratterizzato tutta questa azione, sebbene il tiro delle batterie turche che la ha accompagnata fino al Capo Helles, fosse divenuto ancora più intenso. Le nostre torpediniere non hanno riportato che avarie insignificanti.

Il contegno del Comandante, degli ufficiali e degli equipaggi per abilità, valore e disciplina fu superiore ad ogni elogio». 

(4) Il Climene, insieme alle siluranti: Astore, Centauro e Perseo appartenevano alla Classe “Pegaso”, mentre la torpediniera Spica, faceva parte della classe “Sirio”. 

(5)  Virginio Trucco è nato a Roma, ha frequentato l’Istituto Tecnico Nautico “Marcantonio Colonna”, conseguendo il Diploma di Aspirante al comando di navi della Marina Mercantile. Nel 1979,frequenta il corso AUC (Allievo Ufficiale di Complemento) presso l’Accademia Navale di Livorno, prestando servizio come Ufficiale dal 1979 al 1981. Già dipendente di Trenitalia S.p.A. lo storico navale Virginio Trucco è membro dell’Associazione Culturale BETASOM (www.betasom.it). 

Bibliografia e sitografia:

Gabriele d'Annunzio, Merope, Milano, Fratelli Treves, 1912.

Rivista Nautica Italia Navale, Anno XXI - Volume XXI 1912.

AA.VV., “L'Italia a Tripoli. Storia degli avvenimenti della Guerra italo-turca”, Società Editoriale Milanese, 1912.

AA.VV. Album ricordo Dardanelli 18-19 Luglio 1912, Macchi, 1913.

Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, Numero 98, 26 Aprile 1913.

Illustrazione Popolare. Giornale delle Famiglie. “Echi della festa di Venezia per gli eroi dei Dardanelli”, Anno 44 n. 23, 8 maggio 1913. F.lli Treves Editori, Milano.

AA.VV., “Enciclopedia Militare”, Milano, Il Popolo d'Italia - Istituto editoriale scientifico, 1927-1933.

Fratelli Treves, “La formazione dell'Impero Coloniale Italiano”, Milano, F.lli Treves Editori, 1938.

Renzo Sertoli Salis, “Le isole italiane dell'Egeo dall'occupazione alla sovranità”, Roma, Vittoriano, 1939.

Federica Saini Fasanotti, “Libia 1922-1931 le operazioni militari italiane”, Roma, Stato Maggiore dell'Esercito, Ufficio storico, 2012.

Giuseppe Longo 2021, “La guerra italo-turca. Le torpediniere italiane forzano i Dardanelli”, Cefalùnews, 20 dicembre.

www.marina.difesa.it 

Si ringrazia Angelo Casà dell’Archeoclub d’Italia Himera di Termini Imerese per il materiale fotografico inerente il cannoniere scelto Agostino Longo, e le Torpediniere d’alto mare Astore, Centauro, Climene, Perseo e Spica.

Si ringrazia la Prof.ssa Rosa Lo Bianco, Presidente dell’Archeoclub d’Italia Himera, Termini Imerese.

Si ringrazia per il gentile e fondamentale contributo, il sig. Mario Longo, nipote del cannoniere scelto Agostino Longo.

Foto di copertina: La squadriglia delle torpediniere che eroicamente sforzarono i Dardanelli. Tratte dall’Album ricordo Dardanelli 18-19 Luglio 1912.

Foto a corredo dell'articolo: Il cannoniere scelto Agostino Longo.

Un gruppo dell’equipaggio della R. Torpediniera “Climene”. Tratte dall’Album ricordo Dardanelli 18-19 Luglio 1912.

La festa della distribuzione delle medaglie d’oro agli eroi dei Dardanelli nel cortile del Palazzo Ducale a Venezia il giorno di San Marco 25 aprile. Ph. Naja presa mentre il deputato On. Prof. Pietro Orsi (1863 - 1943) annunciava il suo discorso.

Capitano di corvetta Giuseppe Sirianni, Contrammiraglio Enrico Millo, Capitano di corvetta Carlo Penzi.

Cartolina R. Cacciatorpediniere Climene.

Giuseppe Longo


giovedì 20 giugno 2024

Il Settantesimo anniversario dello sbarco e della battaglia in Normandia (1944-2014)

Cefalunews, 6 giugno 2014

Il 6 giugno di Settant'anni di fa ebbe inizio con l’Operazione Overlod (1), l’invasione alleata della Francia. Lo sbarco sulle coste della Normandia, il “D-day” per antonomasia, aprì un secondo fronte, ribaltando le sorti della guerra in Europa.

Lo sbarco delle truppe alleate in Normandia (regione della Francia sulla costa della Manica) avvenne la mattina del 6 giugno 1944. 

Dopo un ingente lancio di paracadutisti, con il supporto di aliantisti, e sostenuti da incursioni aeree e da bombardamenti navali sulla costa; soldati americani, canadesi e britannici si riversarono su cinque spiagge chiamate in codice: “Utah” (4ª divisione di fanteria USA) “Omaha” (1ª divisione USA) “Gold” “Juno” e “Sword” (50ª e 3ª divisione britannica e la 3ª divisione canadese). 

All’infuriare della battaglia, soltanto sulla spiaggia di Omaha (dove si consumò il maggior tributo di vite umane) sembrò in un primo momento che lo scontro avesse un esito incerto per gli americani. 

In realtà, l’efficace resistenza tedesca, la tipica morfologia della spiaggia, situata sotto una ripida scogliera e anche l’inadeguatezza del fuoco di copertura; non lasciò ben sperare nella riuscita dell’attacco a Omaha Beach, almeno nelle prime ore del combattimento. 

Tuttavia, dopo l’arrivo di rinforzi, alcuni reparti della divisione statunitense riuscirono a raggiungere l’ostica scogliera e spingersi nell’entroterra. 

Il Vallo Atlantico a questo punto era stato sfondato. Nei mesi successivi gli Alleati al comando del generale americano Dwight David Eisenhower, continuarono ad avanzare, liberando Parigi il 25 agosto e costringendo i tedeschi, il 30 dello stesso mese, alla ritirata oltre la Senna.

Note:

(1) I preparativi degli Alleati per assaltare la “Fortezza Europa erano iniziati nel 1942 e si erano concretati durante la Conferenza di Teheran (28 novembre - 1 dicembre 1943) alla presenza di Winston Churchill per la Gran Bretagna, Franklin Delano Roosevelt per gli Stati Uniti d’America e Stalin per l'Unione Sovietica. In questa riunione si decise attraverso l’Operazione Overlod, di aprire un secondo fronte in Europa sbarcando sulle coste della Normandia.

Foto di copertina: Sbarco di fanti statunitensi della 1ª Divisione ad Omaha Beach. Da Wikipedia.

Foto a corredo dell'articolo: 

Soldati americani su un mezzo da sbarco in Normandia, da Wikipedia.

Fasi dello sbarco, da Wikipedia.

Croce di un fante statunitense morto per la Francia, da Wikipedia.

Giuseppe Longo 

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100 anni fa Italia iniziava operazioni belliche contro Austria-Ungheria

Giornale del Mediterraneo, 24 maggio 2015

Il 24 maggio 1915 l’Italia iniziava le operazioni belliche contro l’Austria-Ungheria. Il Regio Esercito, al comando del Generale Luigi Cadorna, superando la linea di frontiera, si attestava a ridosso del fiume Isonzo. 

In questo territorio, le due armate contendenti si scontreranno per  ben 12 volte (Battaglie dell’Isonzo). L’ultima, meglio conosciuta come “Battaglia di Caporetto”, a cui partecipò anche la Germania, sarà combattuta dal 24 ottobre al 12 novembre 1917. 

Riportiamo per i lettori il primo proclama del re Vittorio Emanuele III alle sue truppe.

«Soldati di terra e di mare! 

L’ora solenne delle rivendicazioni nazionali è suonata. Seguendo l’esempio del mio Grande Avo, assumo oggi il comando supremo delle forze di terra e di mare, con sicura fede nella vittoria, che il vostro valore, la vostra abnegazione, la vostra disciplina sapranno conseguire. 

Il nemico che vi accingete a combattere è agguerrito e degno di voi. Favorito dal terreno e dai sapienti apprestamenti dell’arte, egli vi opporrà tenace resistenza; ma il vostro indomito slancio saprà di certo superarlo. 

Soldati !  

A voi la gloria di piantare il tricolore d’Italia sui termini sacri che la natura pose ai confini della Patria nostra. A voi la gloria di compiere, finalmente, l’opera con tanto eroismo iniziata dai nostri padri»

Gran Quartiere Generale, 24 maggio 1915. 

VITTORIO EMANUELE

Foto di copertina: Quaderni, diario della Guerra, da https://movio.beniculturali.it/mcbcv/maggio1915iviadanesirisposero/it/home

Giuseppe Longo 

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mercoledì 19 giugno 2024

Settant’anni fa le prime V2 sull’Inghilterra

 Cefalunews, 8 settembre 2014

Il giorno 8 settembre 1944 venivano lanciate su l’Inghilterra le prime V2. La V2 (dove l’iniziale V sta per “Vergeltungswaffen”, ossia arma di rappresaglia) fu impiegata dai tedeschi come ritorsione per le frequenti incursioni aeree anglo-americane sulle città germaniche. 

Rispetto alla V1 (1) che fu una bomba volante, munita di un motore a reazione, la V2 sfruttò un motore a razzo. Ciò nonostante entrambi gli ordigni ebbero un impatto terrificante sulla popolazione inglese. Soprattutto la V2 che era difficilmente intercettabile. 

Gli ordigni V1, V2 e V3, quest’ultima mai impiegata, furono sostanzialmente le armi segrete della Germania nazista. A progettare la V2 fu lo scienziato tedesco (poi naturalizzato americano) Wernher von Braun. Egli dal 1932 iniziò a lavorare nel laboratorio sperimentale di Kummersdorf, nel Brandeburgo. 

Quattro anni dopo fu nominato direttore del centro di sperimentazione di Pennemünde, una località sull’isola di Usedom nel Mar Baltico. E proprio in questa sede accanto al Generale Walter Dornberger, dopo aver definito le V2, stava per occuparsi di un altro progetto: l’impiego dei missili intercontinentali che avrebbero dovuto colpire gli Stati Uniti. 

Tuttavia, i bombardamenti strategici anglo-americani compiuti sui centri di notevole interesse militare (e che coinvolse anche il centro di ricerca di Pennemünde) rallentarono sia la produzione del nuovo ordigno, sia le ricerche condotte dallo scienziato tedesco. Dopo il crollo del “Deutsches Reich”, Wernher von Braun si consegnò agli americani e con loro iniziò a occuparsi di missilistica. Sarà lui a progettare il razzo Saturno (Saturn V) che porterà la missione spaziale “Apollo 11” sulla luna il 20 luglio del 1969.

Note:

(1) Giuseppe Longo 2014, Settanta anni fa veniva lanciata la prima V1 in Gran Bretagna, Cefalunews, 13 giugno.

Foto di copertina:V2 a Pennemünde, marzo 1942, da Wikipedia.

Giuseppe Longo 

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Il 70° anniversario dei combattimenti sulla Linea Gotica

Cefalunews, 30 agosto 2014

Il 30 agosto di settant’anni fa, gli anglo-americani affrontarono la linea Gotica. Essa fu l’ultimo baluardo difensivo tedesco sul suolo italiano. 

La “Gotica” fu voluta dal Feldmaresciallo Albert Kesselring, allo scopo di rallentare l’avanzata verso nord delle forze anglo-americane, comandate dal generale Harold Alexander.  

In particolare i tedeschi cercarono di ostacolare l’offensiva Alleata verso la Pianura Padana, quest’ultima, un’importante via d’accesso verso l’Europa. 

In realtà questa importante posizione di difesa, e ultimo fronte di guerra in Italia, fece ritardare l’avanzamento delle armate anglo-americane, a cominciare dall’estate 1944 fino alla primavera del 1945.  

La linea Gotica si estendeva su per lo Stivale da La Spezia a nord di Firenze a Pesaro sull’Adriatico. Era costituita da una serie di difese fisse, queste, furono attaccate dalla 8ª Armata britannica sul versante adriatico, e dalla 5ª Armata americana sugli Appennini. 

Tuttavia, la risalita della penisola fu molto dura e sanguinosa per gli Alleati. Solo il 27 settembre 1944 dopo aspre battaglie, la linea fu definitivamente sfondata.

Foto di copertina: Serventi italo-tedeschi di una batteria antiaerea lungo la Linea Gotica, da Wikipedia.

Giuseppe Longo

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martedì 18 giugno 2024

1915: l’annuncio della guerra sottomarina indiscriminata

Cefalunews, 5 febbraio 2015 

Il 5 febbraio di cento anni fa l’Impero tedesco (Deutsches Kaiserreich) decretava il blocco delle coste francesi e dava il via alla guerra sottomarina indiscriminata. Abbiamo chiesto allo storico navale Virgino Trucco (1) di parlarci di questa decisione, messa in atto nel 1915.

«Sul finire del 1913, John Fisher, tentò di convincere l’Ammiragliato sostenendo che la Germania avrebbe impiegato i sommergibili contro le navi commerciali britanniche. Poiché tra gli alti Ufficiali, in molti non credevano nelle possibilità offensive del nuovo mezzo subacqueo, la dichiarazione dell’Ammiraglio Fisher cadde nel dimenticatoio. 

Nell’ottobre del 1914, la marina tedesca, iniziò a pensare seriamente all’utilizzo del sommergibile per contrastare il traffico mercantile dei paesi dell’Intesa. 

A parte l’Ammiraglio Alfred von Tirpitz, gli alti gradi della marina tedesca erano convinti che l’utilizzo dei sommergibili contro le navi da carico inglesi e francesi, li avrebbe costretti a trattare la pace, prima che il blocco navale soffocasse gli Imperi Centrali. 

Il progetto tedesco trovò l’opposizione sia dell’esercito, convinto di poter porre fine rapidamente al conflitto attraverso un’azione terrestre, sia dal Governo, preoccupato delle reazioni dei paesi neutrali. Pertanto, la guerra al traffico mercantile fu attuata solamente con l’utilizzo delle mine. 

Tuttavia, il rallentamento delle operazioni sul fronte occidentale, la sconfitta a Dogger Bank e soprattutto l’ostilità espressa dagli ambienti economici americani nei confronti del blocco inglese, indusse i tedeschi a un cambio di opinione. 

Il 5 febbraio 1915, la Germania dichiarò che qualsiasi nave da guerra o mercantile, sorpresa nelle acque prospicienti le isole britanniche e la Francia, sarebbe stata affondata senza preavviso. 

Gli Stati Uniti, protestarono vivamente. Pertanto, il Kaiser, al fine di non peggiorare i rapporti con gli Stati Uniti d’America, impartì l’ordine ai comandanti dei sommergibili germanici di rispettare le navi neutrali. 

A questo punto, l’Ammiragliato inglese invitò i comandanti delle navi mercantili di alzare le bandiere dei paesi neutrali. Il rifiuto inglese di una proposta di mediazione fra i belligeranti, offerta dal presidente Wilson, portò l’Imperatore tedesco Guglielmo II a ordinare la guerra sottomarina indiscriminata, a partire dal 22 febbraio 1915».

(1) Virginio Trucco è nato a Roma, ha frequentato l’Istituto Tecnico Nautico “Marcantonio Colonna”, conseguendo il Diploma di Aspirante al comando di navi della Marina Mercantile. Nel 1979, frequenta il corso AUC (Allievo Ufficiale di Complemento) presso l’Accademia Navale di Livorno, prestando servizio come Ufficiale dal 1979 al 1981. Dal 1981 è dipendente di Trenitalia S.p.A.

Foto di copertina: Una squadriglia di U-Boot a Kiel nel 1914, da Wikipedia.

Giuseppe Longo 

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